«Ho licenziato quella maestra per il bene della nostra scuola»

Parla Bertilla Mason la dirigente scolastica di Santa Maria di Sala che ha sospeso e fatto allontanare l’insegnante elementare che non conosceva nemmeno l’italiano. Il giudice le ha dato ragione
Il primo giorno di scuola per gli alunni dell'Istituto Comprensivo Padre Gemelli di Torino, 12 settembre 2011. ANSA / DI MARCO
Il primo giorno di scuola per gli alunni dell'Istituto Comprensivo Padre Gemelli di Torino, 12 settembre 2011. ANSA / DI MARCO

SANTA MARIA DI SALA. «La scuola non è un refugium peccatorum dove mettere tutti». La dirigente scolastica Bertilla Mason, dell’istituto comprensivo Cordenons, commenta la notizia del licenziamento dell’insegnante che scriveva scuola con la Q e sciacquone senza C. «C’è questa mentalità», dice la preside, «che nel pubblico bisogna salvare il posto e invece non è assolutamente così». Mason è intervenuta subito, controllando lei stessa la maestra e chiedendo l’ispezione da parte dell’ufficio scolastico regionale.

Un caso scoppiato a novembre 2015, quando i genitori dei 39 bambini delle classi 1A e 1B della scuola primaria Papa Sarto di Veternigo, si erano rivolti alla dirigente, quaderni alla mano: «Non sa l’italiano», avevano detto, «i nostri figli copiano gli errori alla lavagna. Meglio tenerli a casa». E così era stato: sciopero per otto giorni consecutivi. L’insegnante venne poi sospesa fino al 17 marzo 2016 per un provvedimento disciplinare. Su di lei gravava anche la procedura di licenziamento. Ma a marzo 2016 era arrivata la notizia che la docente sarebbe potuta rientrare e i genitori avevano ricominciato lo sciopero. Questo aveva indotto anche i carabinieri e il sindaco di Santa Maria di Sala, Nicola Fragomeni a intervenire. Così la preside decise di licenziare l’insegnante.

La docente ricevette una dispensa dall’insegnamento per “asserita incapacità” professionale. La maestra fece ricorso al giudice e lo perse. Quindi presentò ricorso anche al giudice del lavoro. E ora l’epilogo: ricorso respinto e maestra licenziata. Non solo, il giudice ha ritenuto inammissibile anche la domanda con cui l’insegnante chiedeva di essere destinata ad altre mansioni o in un altro istituto.

Insomma un esempio di come la scuola, se si vuole, può funzionare. «Mi sono presa l’onere di una scelta così pesante», dice Bertilla Mason, «dopo notti insonni. I genitori non avrebbero nemmeno chiesto il licenziamento e questo rende l’idea della mia solitudine. Non sono contenta del licenziamento perché non si è mai contenti quando qualcuno rimane a casa, ma sono orgogliosa di aver fatto qualcosa di buono per la scuola. Questa insegnante era una maestra e non si capisce perché ci debbano essere maestre che lavorano e altre che non fanno nulla». Anche il sindaco Nicola Fragomeni ieri ha ringraziato la dirigente: «Un po’ di giustizia. Grazie ai genitori, alla dirigente e ai giudici».

Sul caso interviene l’assessora regionale Elena Donazzan: «Certamente il caso della docente in questione è grave ma è l’eccezione perché la qualità della scuola italiana è molto alta».

Resta però una domanda: chi ha permesso che questa docente insegnasse?

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