Giorgio Ortis ascoltato per ore in caserma racconta la sua verità

UDINE. A tarda notte, ieri, le luci del Comando provinciale dei carabinieri di viale Trieste erano ancora accese. Dentro, a partire dalle 15 e per tutto il resto della giornata, i carabinieri del Nucleo investigativo e i due magistrati che lavorano al caso non hanno fatto altro che sentire testimoni.
Tutti, tecnicamente, in qualità di persone informate sui fatti. A cominciare da Giorgio Ortis, l’amico e collega di studio con cui la vittima si frequentava da qualche mese e con cui ieri pomeriggio era andata a fare jogging.
Ore e ore di confronto, per ricostruire i fatti in ogni singolo istante e recuperare anche il più insignificante dei dettagli. Brancolando in un buio che, alla fine della prima giornata di indagini, ha lasciato il “giallo” senza risposta. Sospetti sì e ipotesi anche, ma nessuna iscrizione sul registro degli indagati.
Una decina le persone convocate in caserma per essere sentite dagli investigatori. Oltre al figlio degli avvocati Ortis e Biancareddu, anche l’ex fidanzato di Silvia, una sua amica udinese e, naturalmente, il passante che ha rinvenuto il cadavere e alcune delle persone che si trovavano lungo l’ippovia nell’ora del delitto.
Le audizioni si sono svolte davanti al procuratore aggiunto Raffaele Tito e al sostituto di turno, Marco Panzeri. La sfilata dei testi, che non necessitavano dell’accompagnamento di un difensore, è proseguita per tutta la giornata e ha contribuito a ricostruire non soltanto una prima dinamica dei fatti, ma anche il contesto delle relazioni nel quale l’aspirante avvocatessa viveva.
Stando alle pochissime notizie trapelate, la versione fornita da Giorgio Ortis sarebbe stata ritenuta dagli inquirenti «lineare», in quanto priva di sbavature e coerente in ogni suo particolare.
Quando è arrivato nel punto in cui Silvia giaceva, d’altronde, il ragazzo era pulito: nessuna traccia di sangue o fango - la giovane pare non essere stata toccata da nessuno, prima dell’arrivo di soccorritori e inquirenti -, nè segni riconducibili a un qualsiasi altro contatto con la vittima. I due amici e compagni di corsa si erano recati a Plaino, all’imbocco del tratto di sentiero lungo il quale avevano stabilito di allenarsi, a bordo di una sola auto (quella di Silvia).
Poi, quasi da subito, lui aveva “staccato” lei e corso per una distanza più lunga. La versione di Giorgio, così come quella degli altri testimoni, comunque, continuerà a essere oggetto di verifica.
Gli interrogativi più grandi riguarderebbero la tempistica: margini troppo stretti quelli entro i quali sarebbe stato consumato il delitto. A non convincere, inoltre, è la pista di un ipotetico maniaco. E non soltanto perchè, negli ultimi tempi, le forze dell’ordine non hanno registrato segnalazioni di molestatori lungo l’ippovia. Risulta francamente difficile, in effetti, immaginare che un presunto violentatore decida di agire in pieno giorno lungo un sentiero così tanto trafficato.
Tra le persone finite da subito nel mirino degli investigatori, anche il ragazzo con il quale Silvia aveva avuto una relazione sentimentale lunga circa otto anni e dal quale si era separata l’estate scorsa. A sua volta interpellato in merito alla vicenda e invitato, in particolare, a riferire dove si trovasse al momento dell’omicidio, l’ex avrebbe risposto di essere in palestra.
Circostanza, questa, dimostrata poi dalle persone che hanno confermato di averlo visto. Sentita anche una ragazza con cui Silvia aveva parlato al telefono nel corso della mattinata. A riprova del fatto - se ancora ce ne fosse bisogno - che il delitto è avvenuto qualche ora dopo.
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