Derubarono 80 mila euro a una centenaria: la Procura chiede 8 e 6 anni di condanna
Truffata anche la figlia 80enne, l’episodio ad agosto 2024 in viale San Marco a Mestre. L’anziana di 104 anni è morta a gennaio

Si sarebbe offerto di accompagnare un’anziana di 104 anni fino all’automobile della figlia, quasi ottantenne, pur di non farla aspettare inutilmente. Un gesto di gentilezza che però, secondo la Procura, era finalizzato a ben altro. Non appena si era aperta la portiera, infatti, le avrebbe sfilato le chiavi di casa. E insieme al complice, avrebbe puntato dritto verso l’appartamento delle due, madre e figlia, nel quartiere di viale San Marco. Ripulendolo. Bottino da 80 mila euro in contanti, più qualche orologio e gioiello.
È per l’accusa di furto aggravato e di furto in abitazione che la Procura di Venezia, con il pubblico ministero Giorgio Gava, ha chiesto una condanna a otto anni per Giuseppe Scelzo e di sei anni per Giacomo Sannino (entrambi difesi dall’avvocato Mauro Serpico). I due imputati hanno scelto il rito abbreviato, che garantisce uno sconto di un terzo della pena in caso di condanna.
Il furto aggravato
L’episodio risale allo scorso agosto. Per gli inquirenti, le due donne erano uscite di casa in macchina per raggiungere piazza Barche, nel centro di Mestre, e sedersi ad un bar. Nella ricerca di un posto dove lasciare la macchina, la figlia aveva fatto scendere l’anziana madre (Palma Azzolam morta a inizio di quest’anno). La ricerca di un parcheggio, però, si sarebbe prolungata più del dovuto. Al punto che la figlia aveva deciso di caricare nuovamente in macchina la madre e di tentare nuovamente la sorte nelle strade limitrofe.
Ed è a questo punto che uno dei due imputati si sarebbe avvicinato, offrendosi di accompagnare verso l’automobile l’anziana signora. Al momento opportuno, però, avrebbe allungato la mano per rubarle le chiavi di casa. Solo allora, insieme al suo complice, avrebbe raggiunto l’appartamento, svaligiandolo. Come facevano i due a sapere dove fosse l’abitazione? E come potevano sapere che al suo interno si trovavano tutti quei soldi? Punti interrogativi a cui l’inchiesta non è riuscita a dare una risposta, anche se il sospetto (non provato) degli inquirenti è che si sia trattato di un furto su commissione.
Il bottino
Fatto sta che una volta entrati in casa, i due avrebbero rubato 80 mila euro in contanti, alcuni orologi e gioielli e due blocchi di assegni.
Difese dall’avvocato Giuseppe Dalmartello, che si è costituito parte civile nel processo, madre e figlia hanno spiegato che da anni era loro abitudine prelevare l’intero importo della pensione e conservarlo, in contanti, in casa. I due uomini erano stati individuati, e arrestati, dagli agenti della Squadra Mobile di Venezia a distanza di quattro mesi dai fatti, incrociando le immagini delle videocamere e i dati delle celle telefoniche, che li collocherebbero in un luogo compatibile con quello del furto.
Dopo il loro arresto, il tribunale aveva stabilito per uno dei due la misura cautelare degli arresti domiciliari con tanto di applicazione del braccialetto elettronico; per l’altro, invece, l’obbligo di dimora nel comune di residenza con presentazione alla polizia giudiziaria. L’avvocato Mauro Serpico, difensore dei due imputati, ha chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche e l’esclusione dei tabulati telefonici perché i decreti autorizzativi non erano motivati come invece prescrive la legge. Dal canto loro, le due persone offese tramite l’avvocato Dalmartello, costituitosi parte civile, avevano chiesto il risarcimento degli 80 mila euro rubati nel loro appartamento e il riconoscimento di un danno patito pari a 40 mila euro. La sentenza è fissata per il prossimo cinque di settembre. —
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