Frittelle, galani, castagnole gli ultimi peccati di gola

Dalle veneziane ai mammalucchi, tutte le leccornie delle feste in maschera Parola d’ordine: tradizione. Le ricette più antiche risalgono addirittura al 1300

Che Carnevale sarebbe senza frittelle? Che sia una veneziana classica, oppure ripiena alla crema o allo zabaione, il dolce della tradizione di Venezia non tramonta. E conserva non solo le antiche ricette (risalenti al Trecento) ma, a quanto pare, anche i prezzi. E che dire di galani e castagnole? Oggi è l’ultimo giorno per farsi una scorpacciata di classici dolci di Carnevale. Domani inizia la Quaresima: frittelle e galani torneranno puntuali alla prossima Epifania.

Nelle ultime settimane, in quasi tutte le pasticcerie, la fritola è sta venduta a 1,50 euro, in linea con gli anni precedenti. Una scelta precisa, a sentire i pasticceri più in voga in città: «Il costo delle materie prime aumenta. Però la frittella è un dolce povero per tradizione e noi, a difesa di questa tradizione, il prezzo non lo aumentiamo». Stesso discorso anche per castagnole e galani, che si attestano su una media di 4 euro l’etto: variano dai 3,50 della pasticceria Targa e da Tonolo, ai 6 del Nono Colussi. Turisti, certo, ma anche molti residenti e affezionati varcano la soglia per concedersi una piccola goduria. Gli studenti, ad esempio, affollano Tonolo mattina e pomeriggio. E naturalmente scatta la classica discussione: qual è la più buona? Una competizione che, com’è giusto che sia, non può avere vincitori. L’unica è camminare e assaggiare. Le più vendute sono, come sempre, le classiche veneziane. Anzi, le veneziane col buso, come insegna Franco Colussi, titolare del Nono Colussi in calle lunga san Barnaba: «perché cusì e se cusina meio al centro». Lì da 65 anni, Franco Colussi custodisce nel suo laboratorio i segreti della frittella infilata nella canna di bambù, come vuole la tradizione, pronta ad essere esposta. Lo testimoniano i quadri del Guardi e del Longhi del XVIII secolo. Nessun arzigogolo con creme, marmellate o altro, perché la veneziana è questa. Da Rizzardini, invece, va alla grande anche quella con lo zabaione. Nelle ore di punta, è un’impresa entrare nel locale occupato in gran parte dal bancone con le leccornie in bella mostra. E le facce sono tanto di curiosi, che di affezionati residenti nei paraggi. Del resto nella storica pasticceria, che sforna dolci dal 1742 a due passi da San Polo, si dice che venisse a rifocillarsi lo stesso Casanova, oltre ai Dogi in persona.

Una variante sul tema la propone la pasticceria Targa, tra Rialto e San Polo. Si tratta dei mammalucchi. Il nome richiama il termine arabo “mameluts”, ossia schiavo, e indica i soldati turchi di origine servile al servizio dei califfi tra il XIII e il XVI secolo. Insomma, una rielaborazione di un dolce turco-egiziano, ideata dal maestro pasticciere Sergio Lotto. L’impasto è top secret, o quasi. La pasticceria Targa è l’unica a conoscerne i segreti. Si sa solo che ci siano all’interno uva passa e scorze d’arancia, e che non c’è la cottura della crema. Per questo motivo resiste anche a distanza di un giorno senza indurirsi. Anche in questo caso, 1,50 euro. «Come da tradizione», sottolinea il proprietario Marco Rizzetto Pajer. Una tradizione che resiste, ma a fatica. «Una volta a Carnevale si iniziava a lavorare alle 4 di mattina» continua il proprietario del bar Targa, lì dall’89 insieme alla madre Leda Rizzetto, «con chi montava i banchetti al mercato di Rialto. I veneziani sentivano la festa, si mangiava, si beveva e ci si conosceva. Ora è tutto diverso, gli affari sono crollati drasticamente. Ma si fa di tutto per resistere». Perché se è vero che le tradizioni vanno salvaguardate, i fritoleri veneziani sono lì a dimostrarlo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA



Riproduzione riservata © La Nuova Venezia