Forconi a Chioggia, il corteo silenzioso dei 200: «È iniziata la rivoluzione»

Protesta pacifica del comitato “9 dicembre” da Sottomarina a piazza Granaio. In testa una bara nera avvolta in una bandiera italiana con la scritta “Dignità”

CHIOGGIA. «Non siamo né Forconi, né facciamo parte di qualche partito politico: siamo solo comuni cittadini alla ricerca della dignità perduta». È stato questo il leitmotiv della protesta pacifica che si è svolta ieri pomeriggio a Chioggia. Mentre nelle altre località della Penisola si scatenava il finimondo, la protesta nel Clodiense è stata del tutto pacifica e non ha visto la presenza, almeno dichiarata, di frange estremiste. Alcuni militanti di estrema destra e di estrema sinistra hanno partecipato alla dimostrazione, ma a titolo personale e rispettando i toni della manifestazione. Il corteo, 200 persone, partito da piazza Europa alle 15, è arrivato in piazza Granaio un'ora dopo. In testa alla "processione", una bara in cui era avvolta una bandiera italiana e riportante la scritta dignità.

«Oggi siamo a ricordare una morte che è dentro di noi», ha esordito il leader Tiziano Nordio, «magari riusciremo ad aprire la bara e a riprenderci la dignità perduta». Una protesta fatta in maniera silenziosa, perché «le parole hanno fatto soltanto danni». La metafora della morte, quindi, a dimostrazione che il limite è stato ormai varcato, ma che il popolo è ancora in tempo a tornare sovrano. Una dimostrazione non solo silenziosa, ma anche democratica, che ha rispettato chi la pensava diversamente. «Non dobbiamo nutrire rancore contro chi non accetta la nostra protesta», ha detto ancora Nordio, «ciò che conta è che dobbiamo essere uniti».

La commemorazione «della dignità perduta» è proseguita con il massimo ordine e i manifestanti si sono diretti, in maniera composta, verso il centro storico di Chioggia. Lungo il cammino hanno trovato pure qualche negoziante che, in segno di solidarietà, ha deciso di fermare la propria attività, anche soltanto per pochi minuti. In testa al corteo due manifestanti che sventolano il tricolore, a prova che il senso di unità nazionale è ancora forte, nonostante ci sia «una classe politica corrotta e in malafede che non merita di rappresentarci». Un chiaro segnale di forte speranza che, pur dimostrando la volontà di sradicare un sistema malato, non si propone di abdicare ai valori fondanti dell'unità nazionale. Anzi si prefigge di restituire una coesione sociale minata dalla classe politica.

«È iniziata la rivolta, la rivoluzione», grida il leader rompendo il composto silenzio, «i padroni di casa, anche se vogliono farcelo scordare, siamo ancora noi. E adesso ci stiamo unendo, stiamo tornando assieme, stiamo ricomponendo un popolo che è stato volutamente disgregato». Tra la gente tante espressioni di consenso, ma anche qualche disappunto. Alcuni passanti l'hanno definita «una manifestazione fine a sé stessa, che non porta a nulla».

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