Fincantieri, morì dopo l’incidente Il pm richiede nove condanne

MARGHERA. Per la morte del 36enne operaio napoletano Vincenzo Castellano, deceduto ben sei anni dopo l’incidente sul lavoro alla Fincantieri del 10 maggio 2002 che lo aveva costretto all’immobilità totale su una sedia a rotelle, il pubblico ministero di Venezia Carlotta Franceschetti ha chiesto ieri al giudice monocratico di Mestre Rocco Valeggia una condanna a un anno e quattro mesi di reclusione per ognuno dei nove imputati. Sul banco degli accusati sono seduti il direttore della Fincantieri di allora Carlo De Marco, il suo vice Stefano Varrocchi, tre responsabili di altrettanti reparti, Antonio Quintano, Pierpaolo Ciccarelli e Andrea Bonaldo, l’amministratore delegato e il dirigente della Meccanonavale di Monfalcone che aveva vinto l’appalto, rispettivamente Paolo Bussi e Lodovico De Zolt, infine i due dirigenti della Mci Montaggi di Napoli che stavano eseguendo in subappalto gli interventi e di cui Castellano era dipendente, Ciro Volpe e Carlo Crocco.
Tutti erano già stati condannati per lesioni, ma quella sentenza era stato poi annullata perché il processo era ricominciato nei confronti degli stessi imputati per omicidio colposo in seguito al decesso di Castellano. Vincenzo era caduto dentro una condotta di aereazione, coperta da un telo ignifugo, mentre stava compiendo alcune saldature ed era precipitato per trenta metri, finendo contro uno dei motori della nave. Un buco che fino a poco prima era protetto da un parapetto e venne ritrovato dopo un’ora e mezza di ricerche, vivo per miracolo. Alla fine del precedente processo erano stati stabiliti anche i risarcimenti: il giudice aveva riconosciuto un milione e 660 mila euro complessivi per la madre, per i sei fratelli. Erano state risarcite anche la Fiom e la Camera del Lavoro che si erano costituite parti civili. E nel processo in corso ora, gli avvocati delle parti offese hanno ribadito le loro richieste.
«Per la prima volta è stata riconosciuta la responsabilità della Fincantieri anche nell’intermediazione di manodopera» aveva affermato allora l’avvocato Daniela Boscolo Rizzo. «Sono stati riconosciuti», aveva proseguito, «anche i limiti degli accertamenti effettuati dallo Spisal, che in un primo momento aveva escluso Fincantieri dalle proprie indagini. Grazie invece a quelle parallele di Fiom e alla correttezza del pubblico ministero sono state chiarite tutte le responsabilità». «Alla Fincantieri», aveva testimoniato Pasquale Castellano, uno dei fratelli della vittima, «gli operai esterni sono niente, dopo l’incidente successo a Vincenzo nessuno dell’azienda ci ha fatto una telefonata, neanche per sapere come stava. Nei quattro mesi in cui è stato in coma all’ospedale di Mestre ci sono stati vicini solo i colleghi, che hanno addirittura fatto una colletta».
Giorgio Cecchetti
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