Fallimento Taglia e Cuci «Intervenga il Governo»
CAVARZERE. “Taglia e cuci denim” è il nome ufficiale dell’azienda, “Taglia e fuggi” quello con cui l’hanno ribattezzata le 50 donne rimaste senza lavoro tra lunedì sera e martedì mattina, quando un...

CAVARZERE. “Taglia e cuci denim” è il nome ufficiale dell’azienda, “Taglia e fuggi” quello con cui l’hanno ribattezzata le 50 donne rimaste senza lavoro tra lunedì sera e martedì mattina, quando un avvocato ha avvertito i sindacati che la ditta avrebbe portato i libri in tribunale, chiedendo il fallimento. Ognuna di queste donne avanza tre mesi di stipendio (marzo, giugno luglio) quote di tredicesima, tfr e altri arretrati derivanti da precedenti impieghi presso ditte collegate alla Taglia e cuci, per un totale di cinque-seimila euro a testa che potrebbero non percepire mai. Come potrebbero non trovare neppure un altro lavoro. Per questo, ieri mattina, hanno sfilato in corteo, con le bandiere di Cgil e Cisl, presenti i rappresentanti sindacali Davide Stoppa e Francesco Coco, sotto il sole cocente, dalla sede della ditta, in via Einaudi, fino al municipio, dove sono state ricevute dal sindaco, Henri Tommasi, e dalla consigliera Elisa Fabian.
«C’erano state delle avvisaglie di una possibile chiusura» ha detto Coco (Cisl) «ma alle nostre richieste di chiarimenti la ditta ha sempre risposto con rassicurazioni circa la volontà di andare avanti. Lunedì sera la telefonata per comunicare l’intenzione di fallire. Ho concordato un incontro urgente, in ditta, per l’indomani che, però, mi diranno la mattina dopo, non si può fare perché hanno già riconsegnato le chiavi del capannone al proprietario. Ci siamo, comunque, incontrati nella sede del sindacato, ma non si è aperto nessuno spiraglio: la ditta vuole fallire».
In questo modo gli arretrati delle lavoratrici verrebbero (ma non è del tutto certo) pagati dall’Inps, ovvero dalla collettività, non dal datore di lavoro, tra qualche mese e, nel frattempo, le loro famiglie, molte monoreddito, dovranno arrangiarsi. Anche per questo Davide Stoppa (Cgil) ha chiesto al sindaco di intervenire, anche presso altre istituzioni (Agenzia entrate, guardia di finanza, ecc.) per stroncare il “sistema” messo in atto da questi “imprenditori”, ben noti in paese. «Hanno creato, da prima del 2010, ben cinque ditte (ricordo Italia confezioni, Artigiano del jeans, Fashion jeans e, da ultimo, Taglia e cuci). Tutte intestate a Paolo Stoppa (detto Amos) con subfornitore la Am Group del fratello Gianni Stoppa (detto Giorgio). Duravano un paio d’anni e poi chiudevano, riversando il personale (e i debiti) sulla nuova nata. L’anno scorso, con la Fashion (altri 50 licenziamenti, quindi 100 in due anni), hanno cambiato sistema, intestando la nuova ditta, Taglia e cuci, a Stefano Evstifeev, che lavorava nel capannone e con le macchine di Gianni Stoppa. Un sistema che rasenta la truffa».
Sulla Questione è ieri intervenuto anche il senatore dell’Udc, Antonio De Poli: «Il settore del tessile in crisi. A Cavarzere a pagare sono 50 lavoratrici donne dell’azienda “Taglia e cuci”. Solo che purtroppo, allo stato attuale, non c’è una situazione chiara. Non si possono scaricare le scelte della proprietà e gli errori sugli assetti societari sulle dipendenti. Qualche giorno fa la proprietà ha comunicato che porterà i libri in tribunale. Chiediamo al presidente del veneto Luca Zaia e al ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, di attivarsi per aprire un tavolo istituzionale che faccia chiarezza sul quadro economico e finanziario dell’azienda, considerando che l’azienda si era resa responsabile, in passato, di avere fatto lavorare 28 dipendenti in nero, come ha scoperto la Guardia di finanza» .
Diego Degan
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