Estorsione, il pm chiede il rinvio a giudizio
I cinque sono accusati di aver chiesto soldi ai gestori dei chioschi

Un chiosco al mare
VENEZIA.
Il pubblico ministero di Venezia Roberto Terzo ha chiuso le indagini e ha chiesto il rinvio a giudizio per estorsione aggravata per i cinque napoletani che a Eraclea, a Jesolo e Caorle avrebbero cercato di estorcere denaro - una vera e propria tangente - ai gestori dei chioschi sulle spiagge. Il giudice veneziano ha già fissato l'udienza preliminare: l'11 gennaio dovrà stabilire se prove e indizi sono sufficienti per mandare gli indagati davanti al Tribunale per il processo. Nello scorso gennaio in manette erano finiti cinque pregiudicati, uno dei quali legato al clan camorristico napoletano di Soccavo. Questi i loro nomi: Michele Pepe, 32 anni; suo fratello Francesco (24); Gennaro Esposito, (34); Giuseppe Rocco, (32); Alfonso Sorrentino, (33). Sarebbe quest'ultimo ad essere affiliato al clan. Un mese dopo il Tribunale del riesame di Venezia aveva scarcerato il solo Esposito, confermando il carcere per gli altri. E' il 21 giugno dello scorso anno, quando a Caorle qualcuno vede cinque uomini, due armati di pistola, in spiaggia mentre circondano un venditore di bibite che lavora in un chiosco. Uno dei cinque carica la pistola e con il colpo in canna gliela punta in faccia. Una scena che si ripete a distanza di poco tempo a Cortellazzo e a Eraclea nei confronti di altri due venditori minacciati dalle stesse persone. I venditori presi di mira sono il titolare e due suoi collaboratori, di una società che ha la licenza di vendita in spiaggia di bibite e altri prodotti. A denunciare quanto accaduto, all'inizio, però non sono le vittime. Ai carabinieri della stazione di Caorle poi a quelli della compagnia di Portogruaro sono le persone che hanno visto a raccontare l'accaduto. A quel punto i militari sentono i commercianti minacciati, che non possono tirarsi indietro. Racconta che gli hanno chiesto 50 mila euro per la stagione, altrimenti non li avrebbero fatti lavorare. E mentre gli puntavano le armi in faccia gli avrebbero sussurrato di appartenere al clan Soccavo di Napoli.
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