Eredità milionaria assolti in Cassazione

MOGLIANO. Si aggiunge un nuovo capitolo alla lunga storia giudiziaria dell’eredità contesa del barone Pieradolfo Bianchi de Kunkler. Nei giorni scorsi la Corte Suprema di Cassazione ha messo la...

MOGLIANO. Si aggiunge un nuovo capitolo alla lunga storia giudiziaria dell’eredità contesa del barone Pieradolfo Bianchi de Kunkler. Nei giorni scorsi la Corte Suprema di Cassazione ha messo la pietra tombale sulle accuse di calunnia nei confronti dell’imprenditore Luciano Tonietti e dell’ex governante Egide Tonetto che contestano la validità dell’ultimo passaggio ereditario.

Dal 2000, quando morì il ricco nobile di origini svizzere, attorno al suo ricco patrimonio, stimato attorno ai 120 milioni di euro, si è aperta una lunga querelle giudiziaria animata da colpi di scena. «Ci erano stati chiesti danni morali per 5 milioni di euro», commenta Tonietti, «ma non abbiamo indietreggiato di un millimetro e non intendiamo farlo». In ultima istanza, nelle scorse settimane, per Tonietti e Tonetto i giudici romani hanno confermato l’assoluzione già pronunciata dal tribunale di Treviso e dalla Corte d’Appello di Venezia. L’imprenditore moglianese, classe 1955, noto per essere il proprietario degli storici locali di Bonisiolo “Da Rosa e Baffo”, ritiene di essere il primo erede delle ricche proprietà del defunto barone de Kunkler.

«C’è il testamento», afferma Tonietti, «e ci faremo valere innanzi alla giustizia svizzera». La partita non sembra finita qui. Tonietti, con cittadinanza italiana ed elvetica, cercherà di far valere le proprie ragioni nei tribunali d’oltralpe. Di origini svizzere è anche il barone: classe 1921, fondatore della società “Latte Bianchi” (venduta a Granarolo), imprenditore nel settore enologico e titolare di vasti possedimenti oltre che a Mogliano anche in Canada e dell’omonima villa a Este, Pieradolfo De Kunkler non si sposò mai e le sue ultime volontà furono trascritte dal letto di ospedale, dov’era ricoverato e in dialisi.

L’erede universale della sua fortuna, a sancirlo è la magistratura italiana, è Federico Bianchi, un lontano cugino. «Troppo lontano», afferma Tonietti che nel 2006 ha presentato in tribunale documenti che puntavano a smontare l’attendibilità dell’ultimo testamento. Si adombrava l’ipotesi di manovre opache, compiacenze, firme contraffatte, circonvenzione d’incapace: accuse pesanti, che vennero archiviate nel 2009.

Per Bianchi e il suo legale Luigi Ravagnan si trattò di calunnie. Oggi Tonietti e Tonetto, difesi dagli avvocati Antonio Franchini e Alessandro Sammarco, vengono assolti con formula piena. (m.ma.)

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