Effetto Covid per le cremazioni, le veneziane Veritas e Socrem ne hanno fatte settemila

Turni anche nei giorni di Santo Stefano e San Silvestro per far fronte a tutte le richieste. Aumenti fino al 16%

MESTRE. Impianti al lavoro a ciclo continuo e turni di lavoro che passano da due agli attuali tre turni giornalieri, per coprire una operatività dei forni dalle 5 del mattino fino a notte fonda.

È il boom delle cremazioni del caro estinto in tempi di pandemia. Lo confermano i dati degli impianti di Veritas, la società multi servizi che nel Veneziano si occupa anche di servizi cimiteriali e di cremazioni. Il lavoro è tale, in questi mesi, che si sono formate liste di attesa di almeno quattro giorni per la cremazione di un defunto.

Nel 2019 le due linee del forno crematorio del cimitero di Spinea avevano eseguito 3.709 cremazioni; la unica in servizio al cimitero di Marghera ha eseguito 1.806 cremazioni. I numeri 2020 lievitano, a conferma dell’aumento di decessi causato dall’epidemia: 4.050 cremazioni nelle due linee di Spinea; 2.090 nella linea del cimitero di Marghera e 1.250 nel nuovo impianto al cimitero di Conegliano, in provincia di Treviso, attivato ufficialmente da Veritas nel luglio dello scorso anno con una nuova linea di forno. L’incremento è del 9% a Spinea e del 16% a Marghera.

Si aggiungono al conto le 1.020 cremazioni (924 di salme e 96 di resti) nel corso del 2020 nell’impianto privato dell’isola cimiteriale di San Michele, gestito dalla Socrem, società di cremazione che affonda nella storia della città, nata dal 1882, con 1.500 soci e molti associati che vivono all’estero.

L’impianto di Venezia, nell’isola cimiteriale, spiega la presidente di Socrem, Maria Grazia Baretta, ha offerto collaborazione a Veritas e Comune di Venezia per sostenere l’aumento evidente di cremazioni nell’anno dell’emergenza sanitaria ma evidentemente in terraferma per questo servizio si preferisce, soprattutto per questioni di vicinanza, rivolgersi agli impianti di Spinea e Marghera, che però oggi sono evidentemente sovraccarichi di lavoro.

«Noi garantiamo assistenza anche ai familiari e a chi arriva da fuori», precisa Baretta, «ma è un fatto che a Venezia non abbiamo liste d’attesa per le cremazioni di defunti». Fenomeno che invece, per stessa ammissione di Veritas Spa, è diventato in questi mesi evidente tra Marghera e Spinea, con dai quattro ai cinque giorni d’attesa medi di una bara prima del trattamento di cremazione, che richiede mediamente due ore per ogni salma.

Nel 2020 i forni crematori della terraferma non si sono fermati neanche per le festività, con turni di lavoro a Santo Stefano e a San Silvestro e la scelta di concentrare a Marghera le cremazioni di defunti residenti nel Comune capoluogo e utilizzare Spinea per il resto della provincia di Venezia. Le cremazioni di resti ed estumulazioni sono state quindi sostanzialmente rinviate per dare precedenza ai defunti in attesa. Non c’è, va ricordato, un obbligo imposto dalle norme nazionali di cremazione per le vittime del Covid, altrimenti la situazione sarebbe peggiore. Ma è evidente che è cambiata anche la cultura dell’addio ai defunti.

Lunedì negli impianti di Marghera, Spinea e Conegliano erano in attesa di cremazione 60 bare, ma la capacità dei forni consentiva di eseguirne al massimo 50, e dieci sono quindi rimaste in attesa. Anche per un funerale tocca attendere: c’è chi ha dovuto aspettare, racconta, in una delle chiese del centro di Mestre, quasi due settimane per le esequie del caro estinto. —

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