È morto don De Pieri, parroco anti droga

Il sacerdote, 77 anni, era ricoverato in ospedale a Padova. La sua lunga missione «per gli altri» da Mestre fino al Brasile
Di Marta Artico

Uno dei suoi sogni, perché lui ne aveva davvero tanti, era quello di passare gli ultimi anni in Brasile, predicare in portoghese e avere sempre negli occhi i sorrisi dei bambini. Ma i problemi di cuore l’avevano riportato a casa da qualche tempo, dove aveva ripreso le sue numerose attività benefiche. Don Franco De Pieri, 77 anni, è mancato ieri verso mezzogiorno all’ospedale di Padova dove si trovava per accertamenti. Sul suo corpo sarà eseguita l’autopsia.

Una perdita per la città, per la chiesa, per le tantissime persone che negli anni lo hanno amato e che lui ricambiava nonostante la distanza e il tempo. Una vita spesa per i più deboli e fragili, quella di don Franco, legata al Centro Italiano di solidarietà (Ceis) Don Lorenzo Milani, concreto e spirituale, tutto d’un pezzo: sembra quasi di vederlo ancora girare con il suo motorino dopo cena, per le vie di Mestre. Una di quelle persone che lasciano un segno, un prete d’altri tempi, saldo nella fede, ma proiettato sempre in avanti, con un cuore tanto grande da non potergli nascondere nulla. Originario di San Donà, è stato ordinato sacerdote il 30 giugno 1963 da monsignor Giuseppe Olivotti. Dal 1968 al 1972 una parentesi a Oriago di Mira per poi approdare nella parrocchia del Duomo di Mestre dove rimase fino alla fine del 1984 quando, pochi mesi dopo la morte di monsignor Vecchi, ricevette dall’allora Patriarca Cè la delega per la costituzione e la cura della nuova parrocchia del Corpus Domini di cui fu parroco dal 1985 al 2003. Erano anni caldi, il rione Pertini era in fase di sviluppo. Il suo sacerdozio fu segnato da monsignor Vecchi, di cui fu allievo, e che ha ricordato l’anno scorso in occasione del trentennale.

La sua vita l’ha dedicata alle tossicodipendenze («un mostro dalle mille teste», diceva) fondando nel 1985 la realtà del Centro Don Milani, nato come comunità terapeutica per tossicodipendenti e poi fiorito attraverso una rete di articolate attività (riabilitazione, interventi di accoglienza alla persona, consulenza sociale, inclusione socio lavorativa) e attraverso imprese cooperative. Tutte da lui fondate combattendo per trovare i fondi e gli spazi. A Forte Rossarol la ramificata struttura di accoglienza (anche per immigrati e minori stranieri), del Centro Don Milani don Franco è stato presidente fino a oggi, del Ceis vicepresidente mondiale.

Gli ultimi anni da parroco li ha passati a San Paolo, in via Stuparich, dove ieri sera don Stefano Cannizzaro gli ha dedicato una veglia. Con i 50 anni di sacerdozio, nel 2013, don Franco aveva deciso di aprire un nuovo capitolo della sua vita e assecondare un vento che soffiava dentro lui da anni e che sentiva sempre più forte, il vento della missione. Aveva deciso di dedicarsi agli ultimi in Brasile. A settembre 2013 è partito per il Sud America, per raggiungere il sorriso dei bambini orfani e predicare a chi ha meno, ma è tornato a Mestre a causa dei problemi di cuore e ha ripreso i suoi mille impegni.

«Fu lui ad accogliermi a San Lorenzo 30 anni fa», racconta don Sandro Vigani, «era un uomo di cuore, una persona con grandi talenti e grandi doni, autonomo, indipendente, carismatico, un uomo sincero, che diceva quello che pensava, a volte anche scomodo. Un sacerdote che ha aiutato tantissima gente, un vecchio prete, di quelli per dirla come papa Francesco, che hanno addosso l’odore delle pecore, che curano relazioni molto profonde. Ma era soprattutto un uomo molto buono e se avevi qualcosa, di qualunque tipo, lui ti aiutava, come ha fatto con valanghe di persone». Ricorda: «Aveva una fede contadina che gli ha trasmesso la madre, una fede legata alla terra, trasparente, sincera, immediata. La parte più bella della sua vita è legata a Mestre, ma il suo sogno era passare gli ultimi anni in Brasile, aiutare la povera gente e morire là. Era innamorato della chiesa di Venezia, delle icone, dell’arte, di moltissime cose. Ma prima di tutto era innamorato delle persone».

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