Droga, il carabiniere confessa

Lungo interrogatorio, ieri pomeriggio dopo quello più breve del mattino, per l’appuntato dei carabinieri Silvio Volpin, arrestato assieme alla banda di Lino e «Ciano» Maritan per corruzione e falso. Al giudice veronese che lo ha sentito durante l’interrogatorio di garanzia il militare, rinchiuso nel carcere della città scaligera, ha spiegato che voleva parlare e, nel pomeriggio, a sentirlo sono andati i pubblici ministeri Carlotta Franceschetti e Walter Ignazitto, che hanno coordinato le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Venezia e della Compagnia di San Donà. Avrebbe confessato, avrebbe ammesso gli addebiti che gli erano stati contestati con l’ordinanza di custodia cautelare, ma avrebbe aggiunto altri particolari che per ora sono coperti dal riserbo, visto che gli inquirenti devono vagliare le dichiarazioni di Volpin e soprattutto sviluppare altri accertamenti, a caccia di riscontri.
Il carabiniere non è l’unico ad aver chiesto un colloquio con i pubblici ministeri veneziani. Dopo gli interrogatori di garanzia di ieri mattina, ci sono altri finiti in manette che hanno inviato messaggi espliciti della loro volontà di collaborare ai magistrati che coordinano le indagini.
Stando alle accuse, era stato l’appuntato - che era in servizio alla stazione dell’Arma di San Donà e che nel giugno dello scorso anno è stato trasferito al Battaglione Mobile di Mestre - a farsi avanti con Luciano Maritan, a fargli intendere che poteva essergli utile fornendo informazioni. In quel periodo «Ciano» era agli arresti domiciliari e Volpin in più di un’occasione gli avrebbe «soffiato» quando i colleghi sarebbero passati a controllarlo. Inoltre, l’appuntato avrebbe passato alla banda un maglione con la scritta Carabinieri, una paletta per fermare le auto e una fondina, dentro la quale ci infilarono una pistola giocattolo, per organizzare una truffa da novemila euro a uno spacciatore che da uno di loro avanzava quella cifra.
Nell’ordinanza si legge che «il gruppo criminale» capeggiato dai Maritan padre e figlio svolgeva un’attività a largo raggio e riforniva di cocaina, acquistata presso alcuni in contatto con le cosche della ’ndrangheta trapiantata nel milanese, le zone di Cavallino, Ceggia e San Donà. A parlare degli affari della banda sono stati Luca Fregonese e Bernardo Litrico, arrestati con un chilo di cocaina ad Eraclea nell’ottobre 2012. Ma Fregonese ha spiegato anche che «con Maritan aveva mantenuto rapporti d’affari di altro genere, inerenti a costituzioni di società finalizzate a ottenere tramite broker di Treviso finanziamenti e sconti bancari con fatture emesse da ditte compiacenti». In cambio avrebbe ricevuto un’auto e 10 mila euro.
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