«Donadio andava a cena con Teso e Poles»

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Al processo ai “casalesi di Eraclea” entrano in scena anche quadri rubati a palazzo Treves e fotografati dal pentito Vaccari (così dice) nella villa di Luciano Donadio a Casal di Principe. Ma protagonista della lunga udienza di ieri è stata la testimonianza di Adriano Burato, l’ex segretario di An che diede un contributo determinante alla caduta nel 2005 del sindaco Graziano Teso, poi rieletto nel 2006 (e condannato nel processo parallelo, per favoreggiamento esterno in cambio di voti). L’auto di Burato venne data alle fiamme nel 2006. Per la Procura fu Donadio a ordinarlo, per gli avvocati difensori Gentilini e Alberini non c’è alcuna prova che l’attentato sia riconducibile a lui.
il politico: donadio valeva 2-300 voti
Incalzato dalle domande del pm Roberto Terzo, Burato ha ricostruito i suoi rapporti conflittuali con Donadio, del quale era “concorrente” come imprenditore e schierato su fronti contrapposti politici. «Mio papà aveva l’impresa dal 1971. La Donadio costruzioni in poco tempo aveva preso tanti subappalti, si vedeva che lavorava da per tutto. Li prendeva da (Graziano) Poles soprattutto: davano manodopera, muratori, carpentieri».
Gli scontri con il sindaco Teso iniziano nel 2005, quando in un depliant pubblicitario del Comune di Eraclea, viene inserita come ditta consigliata quella di Donadio (punto contestato dalle difese, perché l’opuscolo non è agli atti): «Mi sono lamentato con Teso perché non capivo perché qualche azienda era consigliata». Poi da consigliere del Ponte Crepaldo Calcio obietta per la sponsorizzazione di Donadio: «Barzan mi disse che i soldi non sapevano odore e che era uno degli sponsor migliori». Perché ha sfiduciato come An il sindaco Teso? «Perché decideva da solo senza condividere, poi contestavamo cose su Eraclea Mare e sulla sicurezza pubblica». Così avvenne anche il giorno dell’incendio dell’auto: un gazebo di An per la raccolta firme per chiedere l’esercito sulle strade. Poi il passaggio davanti al punto Snai dei Donadio: «Mi sentii osservato». Il pm chiede delle cene tra Donadio, Teso e Poles e Burato risponde: «Non era un mistero che andavano a cena il venerdì alla Tavernetta, al primo piano dove erano più riservati», ma non ricorda chi glielo disse. Capita poi che nel 2016 Burato si canditi al Consiglio comunale e due suoi compagni di partito vadano a chiedere i voti proprio a Donadio: «I miei amici Stefano Boso e Andrea Tomei hanno sondato il terreno, non glielo ho chiesto io. Come chiedere i voti a un’associazione culturale, la banda cittadina, la scuola calcio. Mi hanno detto che non ero tra i più graditi e che lui sosteneva Mirco Mestre». Quanti voti valeva? «2-300», stima Burato, «tra parenti, lavoratori». Hanno un prezzo? E qui difesa e pm si danno su la voce. «Lei ha scarsa considerazione del diritto di voto», sbotta Gentilini. «Non si permetta», replica Terzo, «voto da prima di lei».
i quadri rubati
Al banco dei testimoni anche la contessa Barbara Cicogna Mozzoni e il marito Alberto Berlingeri. Nel dicembre del 2007 dal deposito del loro palazzo a Venezia vengono rubati alcuni quadri, tra i quali alcuni di Hayez, Vivarini. La pm Federica Baccaglini propone ai coniugi alcune foto di dipinti: sono quelle che il pentito Vincenzo Vaccaro ha fatto nella villa di Donadio a Casal di Principe, per venderli. «Del furto se ne accorse il filippino quando tornò dalle sue vacanze», dice la contessa. La coppia spiega di non aver mai fatto foto di quei quadri - punto rilevato dalle difese - ma ne riconoscono l’uno tre, l’altra due come propri. —
roberta de rossi
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