«Detenuto piantonato in ospedale a Venezia da otto agenti»

Grido d’allarme della Cgil: otto operatori impiegati ogni giorno a Psichiatria, lavoro in carcere sempre più difficile
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 21.01.2018.- Carcere Santa Maria Maggiore.
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 21.01.2018.- Carcere Santa Maria Maggiore.

VENEZIA. A distanza di poco più di un mese dall’allarme lanciato per le difficili condizioni lavorative interne al carcere di Santa Maria Maggiore, la Cgil torna ad alzare la voce in difesa degli operatori penitenziari. La vicenda, questa volta, si svolge all’esterno della casa circondariale veneziana. Il problema riguarda un detenuto problematico (L.P.), pluri-pregiudicato con disturbi mentali, ricoverato da circa un mese nel reparto di Psichiatria dell’ospedale San Giovanni e Paolo e da pochi giorni spostato all’Angelo di Mestre. Ogni giorno sono impiegati otto operatori penitenziari che lo controllano a vista, due per turno anche per 7-8 ore (rispetto alle 6 previste per legge).

«Una situazione che grava ulteriormente sulla già difficile situazione di personale a Santa Maria Maggiore», sostiene Antonio Battistuzzo (Fp-Cgil). La vicenda è resa ancor più difficile dalla totale mancanza di disposizioni da parte dell’amministrazione penitenziaria. Non ci sarebbero atti formali che indichino il comportamento da tenere nei confronti di un detenuto descritto come “pericoloso e aggressivo”. La polizia penitenziaria si trova così allo sbando. Mancano ordini di servizio specifici, e i poliziotti non sanno quali comportamenti si possano o meno tenere per fronteggiare eventuali criticità.

«Gli operatori non hanno, per evidenti ragioni, la professionalità per gestire una persona con problemi di questa natura» continua Battistuzzo «il loro intervento dovrebbe limitarsi alla sorveglianza a vista. Ma qui si va oltre». Una situazione delicata, che però non sembra inficiare i servizi ospedalieri. «La Psichiatria ha sempre fornito e continua a fornire la massima assistenza possibile al paziente nel rispetto delle disposizioni della magistratura» garantisce Moreno De Rossi, primario del reparto al Civile «Le misure di sicurezza applicate finora sono ovviamente state decise dalla magistratura, cui sono sempre state segnalate e dettagliate le condizioni e le condotte del paziente. In attesa dell’auspicabile trasferimento ad altra struttura, sono stato messe in atto tutte le procedure e le cautele disponibili, compreso il coinvolgimento della forza pubblica nei momenti di maggior rischio, al fine di garantire la massima assistenza possibile al paziente e nel contempo la corretta gestione del reparto».

La soluzione, secondo il sindacato, sarebbe quella di trasferire il detenuto in una struttura adeguata: il Rems (ex ospedale giudiziario). Una questione, quella della gestione del personale penitenziario, che va ad aggiungersi alle carenze strutturali sofferte dalle carceri e sulle quali la Cgil si dice «fortemente preoccupata».

©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia