D’Agostino: «M9 è un progetto sbagliato Così il museo non avrà alcun futuro»

IL DIBATTITO
«Il museo M9 così com’è non avrà alcun futuro: è sbagliato il progetto su cui si fonda. Continuare a impegnare risorse e intelligenze intorno a un progetto sbagliato non può portare ad alcun risultato ed anzi se si insisterà a procedere su questa strada le cose, non potranno che peggiorare. L’intervento di recupero dal punto di vista urbanistico e architettonico è senza dubbio un successo e può essere considerata una delle cose migliori fatte a Mestre negli ultimi decenni. La riorganizzazione delle destinazioni dell’area non costituisce un problema insolubile e si troveranno certamente le soluzioni migliori. Ma è l’idea stessa del museo nei suoi contenuti, non nelle sue modalità espositive, che non funziona e non potrà funzionare». L’analisi, secca ma articolata, è dell’architetto Roberto D’Agostino, per molti anni assessore all’Urbanistica, che fotografa le difficoltà ormai strutturali del Museo, creato dalla Fondazione di Venezia con risorse ingenti, ma indica anche una possibile via d’uscita. «Ciò che viene esposto o è troppo superficiale e largamente consumato da quanto ci presentano quotidianamente innumerevoli programmi televisivi, o è troppo macchinoso da approfondire e privo di un target di riferimento. Nessuno che venga a Venezia per visitare la città avrà mai interesse a ciò che il museo propone, e gli abitanti della città e di quelle territorialmente vicine potranno forse visitare una volta l’M9 per curiosità, ma certamente non torneranno. Può sembrare un giudizio liquidatorio, ma a me pare largamente confermato dall’esperienza fatta fino ad ora e di cui bisognerebbe prendere atto. Un museo che non abbia importanti opere da esporre, studiare e conservare deve fondarsi su contenuti da comunicare (museo delle scienze, del mare, militare) con tecnologie adeguate che accendino l’interesse dei possibili visitatori. È quello che ha cercato di fare l’M9 parlando del Novecento (in Italia). Le modalità e le tecniche espositive sono adeguate, ma è il contenuto che non può essere attrattivo, capace di sostenersi e creare ricadute nell'intorno urbano».
Questa allora la proposta alternativa: Se l’M9 diventasse il museo interattivo della storia e della ricchezza di Venezia, potrebbe diventare il luogo dove tutti i turisti potrebbero/dovrebbero passare prima di accingersi, una volta minimamente informati e decontaminati, a visitare la città. La visita all’M9, vale a dire l’immersione nella conoscenza virtuale della città, dalle sue origini alla sua evoluzione contemporanea nella città di terraferma e nel polo industriale, dal suo patrimonio culturale alla sua vita sociale, alle ricchezza delle sue offerte del momento, potrebbe essere un servizio di fondamentale importanza per una larga parte di visitatori e farebbe entrare in città persone più avvertite, più desiderose di visitare le gallerie e i musei, più attente a ciò che li circonda e dunque meno impattanti sulla vita cittadina.Organica a una struttura di questo genere sarebbe la costituzione di un urban centre, sul modello esistente in moltissime città, dal Pavillon de l’Arsenal a Parigi, al Museo della pianificazione a Shanghai, ai numerosi urban centre italiani, che potrebbe diventare il centro di esposizione, discussione, studio delle trasformazioni e dei progetti in senso lato su Venezia, coinvolgendo scuole, università, associazioni, singoli cittadini È una struttura di cui esisteva una interessantissima seppure piccola versione fino a qualche anno fa ai piedi del Centro Candiani e che è stata chiusa da quando si è deciso che non occorreva più riflettere sulla città. Sarebbe l’occasione per ritentare». —
Enrico tantucci
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