Da Luciano Falcier a Mirco Mestre ascesa e caduta di Graziano Teso

Primo sindaco del Veneto condannato per vicende legate alla mafia l’ex primo cittadino di Eraclea rappresenta il politico di questa terra 

il ritratto

Non è un mostro Graziano Teso, il primo sindaco veneto condannato per vicende di mafia. Il suo percorso non ha nulla di straordinario o di appariscente, risulta simile a quello di tanti altri politici veneti. Teso, soprannome “canottiera”, “viticoltore e pensionato” come scrive con civettuola modestia nel suo curriculum, approda alla politica in giovanissima età. Terza media, funzionario del comune di Venezia negli anni settanta, è scudiero di Luciano Falcier, uomo di punta della Dc nel Veneto orientale. Negli anni ’80 entra in consiglio comunale ad Eraclea (dal 1985 fino ad oggi) e contemporaneamente approda in consiglio regionale come segretario di diversi assessorati regionali e dal 2000 come segretario del gruppo politico dell’Udc – Ccd. È vicesindaco dal 1993 al 1995 e poi sindaco dal 2004 al 2011 e poi vicesindaco dal 2016. Un carattere deciso che non sempre lo aiuta: i suoi modi sbrigativi e dittatoriali cementano i malumori delle diverse opposizioni che nel 2010 si uniscono per mandarlo via ed eleggere un sindaco di centrosinistra. Sarà solo una parentesi. Avrebbe la sua inconfondibile impronta l’elezione nel 2016 del giovane Mirco Mestre – imputato per voto di scambio politico-mafioso nel parallelo processo ordinario alla camorra del Veneto orientale – grazie ad uno scarto di 81 voti.

Il riferimento politico di Teso in Forza Italia è Renato Chisso, potente assessore regionale finito poi travolto – ma tutt’ora politicamente attivo – insieme a Galan nell’inchiesta sul Consorzio Venezia Nuova. Ma quando muove i primi passi ad Eraclea il suo nume tutelare è Gino Vigani, presidente di Eraclea Mara spa, la società che riunisce i proprietari delle aree del litorale e che materialmente darà vita all’agglomerato di Eraclea Mare acquistando ed edificando le aree costiere. Da qui l’imprinting per cui il mestiere di sindaco si confonde con quello del promotore immobiliare in un intreccio inestricabile di ruoli: i “metri quadri” previsti ed edificati diventano la vera concreta conquista da dare in pasto all’elettorato. Anche qui nulla di strano: la politica, durante i lunghi decenni della crescita, è stata intesa come facilitazione del business indipendentemente dalla qualità dello sviluppo e dei suoi protagonisti.

In Veneto la politica «doveva garantire e sostenere», scrive Patrizia Messina, docente a Scienze Politiche, «l’autonomia della società civile locale piuttosto che intervenire rischiando di snaturarne gli equilibri». Anche Luciano Donadio e il suo gruppo di camorra rappresentavano degli interessi. In particolare l’esigenza di Donadio era quella di disfarsi di un vecchio albergo, il Victory Hotel, e per aiutarlo nell’impresa Teso avrebbe mosso mari e monti ricevendo in cambio voti e riconoscenza.

Non è un mostro Teso, piuttosto un politico del suo tempo e di questa terra. Il che non ci rassicura, tutt’altro. —

Gianni Belloni

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