Crepet striglia gli albergatori di Jesolo: Bisogna agire per cambiare

Il noto psichiatra ospite dell’Aja ha detto alla platea di diventare “intraprenditori” e di decidere adesso su quale target di turismo puntare da qui a cinque anni
DE POLO - DINO TOMMASELLA - JESOLO - INCONTRO DEGLI ALBERGATORI CON PAOLO CREPET
DE POLO - DINO TOMMASELLA - JESOLO - INCONTRO DEGLI ALBERGATORI CON PAOLO CREPET

JESOLO. È arrivato per dare una strigliata agli imprenditori del turismo. Una scossa perché diventino “intraprenditori”, figure che uniscono le caratteristiche classiche dell’imprenditorialità alla spinta ad agire e cambiare. Lo psichiatra Paolo Crepet conosce bene la realtà del litorale veneziano e del Veneto in generale dove ha vissuto e lavorato. Tra gli amici che lo hanno salutato per primi, l’ex direttore del Caffè Pedrocchi, lo jesolano Gianfranco Ambrosin che lo aveva invitato per un incontro di successo nello storico locale di Padova. Ieri Crepet ha parlato al seminario di formazione per gli albergatori di Jesolo con particolare fervore.

Cosa deve fare oggi un imprenditore del turismo per il futuro?

«Deve diventare intraprenditore, riflettere e pensare a cosa diventerà Jesolo tra 5 anni e non pensare solo a chi verrà nel fine settimana. Questo fa la differenza. Bisogna capire quale pubblico ci sarà nel futuro, quale sarà il target su cui puntare, i clienti che verranno. Vogliamo i giovani che fanno casino? Allora perderemo altri clienti potenziali che cercano un’atmosfera diversa. Oppure vogliamo le famiglie, non più quella classica che arrivava al completo, dai nonni fino a tutti i nipotini, ma quella nuova, più piccola, mobile che cambia meta con facilità. E bisogna investire. Badate bene che non significa andare a chiedere soldi alle banche, ma pensare alla cultura a come far crescere davvero un’azienda. Il modello potrebbero essere le nostre aziende turistiche e non degli anni 50, 60 e 70. Lo abbiamo già il modello, si tratta ora di modernizzarlo. Oggi poi ci sono nuovi strumenti che vanno dai viaggi low cost di Ryanair ai motori di ricerca e le applicazioni di Internet».

E come può avvenire la selezione nel turismo?

«Si tratta di decidere: se si cerca un livello di turismo alto è chiaro che non possiamo avere locali che fanno musica fino alle 4 del mattino, con giovani che hanno bevuto e fanno baccano in pieno centro. Altrimenti un certo turismo lo si perde. E allora ci vuole sicurezza, controlli, sanzioni anche elevate. Negli Stati Uniti se getti una carta per terra dall’auto prendono la targa e ti vengono a cercare. Succede a New York. E poi il bere alcolici. Negli Usa si beve dai 21 anni, da noi a 14. Non dobbiamo tollerare che i giovani vadano in cerca dello sballo e qui la responsabilità è solo dei genitori che devono impedirlo e non posso far finta di nulla. Sono i genitori che sono dei “mona”. Non devono dare i soldi ai figli se poi li spendono per alcol o droga. Non si possono aiutarli a crescere con lo spritz, mi spiace per le colline di Conegliano».

I giovani vivono però con lo spettro della precarietà.

«I giovani sono cittadini del mondo, possono viaggiare velocemente e spostarsi dove stanno meglio. Qui un giovane avvocato anche se vale fa la fame. Se va in Inghilterra e sa il fatto suo lo pagano e bene perché non vogliono perderlo. I ragazzi devono anche saper dire no allo sfruttamento e cercare i luoghi dove vengono valorizzati, certo non sempre sotto casa. Penso anche ai giornalisti che prendono una manciata di euro per un articolo. Allora nascono le fake news dappertutto. Trovo una notizia la pubblico da qualche parte, mi danno 5 euro e via». —


 

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia