Crac pilotati e soldi spariti un 73enne noalese tra i sei condannati
NOALE Da una parte bancarotte pilotate di aziende ormai decotte e giri di prestanome, dall’altra imprenditori in crisi costretti a “fidarsi” di chi era meglio tenere a distanza. I resti di quella che era stata l’inchiesta sul “clan Catapano” ha segnato il capitolo conclusivo, almeno in primo grado, con la sentenza pronunciata dal tribunale di Padova che ha inflitto condanne per complessivi 28 anni nei confronti dei sei imputati. Tra i condannati (4 anni e 3 mesi) ci sono Giorgio Barbiero, 73 anni di Noale (la richiesta 3 anni e 9 mesi); 3 anni e 6 mesi (pari alla richiesta) per Piero Gasparini, 57enne residente ad Albignasego, ex marito dell’impiegata Isabella Noventa uccisa nel gennaio 2016 dal trio diabolico formato dai fratelli Sorgato con l’amica veneziana l’ex tabaccaia di Camponogara, Manuela Cacco.
Elio Bonaiuto di Ottaviano e Alessandro Cassioli di Pisa sono stati chiamati a rispondere dei reati più gravi come alcuni episodi di bancarotta fraudolenta, patrimoniale e documentale (in alcuni casi con l’aggravante di aver cagionato un danno di rilevante gravità) in relazione al crac di imprese come Emmepi Costruzioni Generali con sede a Maserà (soci Gasparini e Mirko Niero, uscito di scena in quanto è morto) e altre.
Bonaiuto è stato condannato anche per sostituzione di persona. Ecco come funzionava il meccanismo. Nel 2008 Emmepi, investita dalla crisi dell’edilizia, naviga in cattive acque. I soci Niero e Gasparini cercano di salvare il salvabile: tramite un sito Internet vengono in contatto con l’ex bancario Cassioli che opera per il gruppo Catapano, un clan campano che aggancia aziende in difficoltà.
Aziende di cui – si scoprirà poi – intascava i crediti tramite società satellite, poi le intestava a prestanome facendole fallire. Gasparini e Niero tentano di ripianare il passivo di oltre 760 mila euro investendo 100 mila euro. Ma non serve. Pochi mesi prima del fallimento – sotto la regia di Bonaiuto e Cassioli – i due cedono le quote al prestanome Cascarino che diventa socio unico e amministratore, la denominazione sociale cambia in Casca sas e la sede legale dell’impresa (sede solo sulla carta) viene trasferita a Salerno. Risultato: azienda svuotata, nessun salvataggio come speravano i titolari e documentazione contabile dispersa. Più o meno lo stesso copione per altre ditte coinvolte come la ZetaTre srl di Barbiero (passivo di oltre 3 milioni a fine 2010). Srl che passa a un prestanome ed è trasferita (formalmente) a Torino; poi la cessione delle quote a una società straniera. —
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