Costruzioni su terreno demaniale sequestro a Playa Punta Canna
CHIOGGIA. Playa Punta Canna, il lido che l’anno scorso è diventato famoso come la spiaggia fascista per i comizi e i cartelli del bagnino Gianni Scarpa, torna di nuovo nell’occhio del ciclone. Questa volta non per apologia di fascismo - reato per il quale tra l’altro la posizione di Scarpa fu archiviata - ma per aver realizzato il chiosco bar e altre opere in un’area diversa da quella indicata nella concessione demaniale. L’ipotesi della procura veneziana è che la società titolare della concessione, la Summertime di Chioggia, sia responsabile di occupazione arbitraria di demanio marittimo (un reato previsto dal Codice della Navigazione) e di aver quindi realizzato, in queste aree che avrebbero dovuto rimanere demaniali, alcune strutture abusive.
Il sequestro. I carabinieri forestali della stazione di Mestre e del gruppo carabinieri forestali di Venezia, insieme ai colleghi della compagnia di Chioggia, sono arrivati sulla spiaggia di Playa Punta Canna martedì pomeriggio, disponendo il sequestro di natura preventiva del chiosco-bar, compreso il magazzino, i bagni, recinzioni e camminamenti realizzati al di fuori degli spazi dati in concessione dal Comune di Chioggia e che soprattutto - come rileva un investigatore - impedivano al pubblico di accedere liberamente alla spiaggia, sostanzialmente trasformata in uno spazio privato dalla società. «Nella sostanza era impossibile accedere alla spiaggia», dice un investigatore, «senza diventare clienti del bagno». Il provvedimento è stato disposto dal pubblico ministero Massimo Michelozzi e la misura cautelare di sequestro preventivo è stata emessa dal Tribunale del riesame cui si è rivolto il pm dopo che il gip lo aveva negato, ritenendo che non vi fossero gli estremi per procedere. Oggi Playa Punta Canna resta aperta, ma è ovviamente inutilizzabile nelle parti poste sotto sequestro dalla procura.
L’indagine. Le indagini sulla spiaggia risalgono alle fine del 2016, e sono quindi precedenti all’esplosione del caso della spiaggia fascista, che lo scorso luglio aveva portato a Playa Punta Canna la Digos veneziana per la rimozione di tutti i cartelli che richiamavano al ventennio fascista, e l’avvio dell’indagine che poi si sarebbe chiusa con l’archiviazione del bagnino Scarpa. In questa seconda indagine oltre alla realizzazione di manufatti abusivi in area demaniale è al vaglio della Magistratura anche l’ipotesi di distruzione o deturpamento di bellezze naturali considerato che l’area interessata dalle opere poste sotto sequestro è sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale. In particolare il chiosco, stando agli accertamenti dei carabinieri, sarebbe stato realizzato in un’area dove una volta c’era una duna, che però stando alle prime verifiche sarebbe stata spianata già molti anni fa - e quindi non dall’attuale società concessionaria - alla ricerca di ulteriori spazi a causa di un bagnasciuga che andava anno dopo anno riducendosi a causa delle mareggiate, cui solo un paio di anni fa si è posto rimedio con un interventi di ripascimento. Al momento gli indagati sono l’attuale e la precedente rappresentante legale della Summertime, Davide Delle Donne e Maria Elena Novo, e l’architetto Ubaldo Dei Bei, il tecnico che ha predisposto il progetto del chiosco realizzato nel 2016 che aveva ottenuto l’autorizzazione anche da parte dell’amministrazione comunale di Chioggia.
«Errore di pochi metri». I tre indagati sono difesi dagli avvocati Umberto Pauro e Alessandro Di Blasi. «Siamo fiduciosi che la questione potrà essere chiarita nell’arco di poche settimane», spiega Di Blasi, «perché c’è una leggera discrasia tra le carte tecniche regionali, che risalgono alla fine degli anni Ottanta, e lo stato attuale dei luoghi e del litorale, che ha subìto l’erosione della spiaggia. Se qualche errore c’è stato, di sicuro è stato fatto in buona fede. Non mettiamo in dubbio la volontà della magistratura di vederci chiaro, ma siamo fiduciosi di poter chiarire tutto. E anche l’accesso alla spiaggia è sempre stato libero».
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