«Coperture politiche nella truffa delle sementi»

MARTELLAGO. 31 maggio 2010, il mittente del messaggio via blackberry è il presidente del Consiglio regionale del Veneto Clodovaldo Ruffato: «Gent.mo signor Zara, con la presente chiedo la sua disponibilità per fissare un appuntamento con i signori Miatello, miei carissimi amici, possibilmente la settimana del 14 giugno. Per comunicazioni o informazioni può rivolgersi alla mia segreteria chiamando i numeri 041... o 335.... In attesa di un suo cortese riscontro, porgo cordiali saluti». Il destinatario è Loriano Zara, ispettore Fitosanitario con competenza sul territorio di San Martino di Lupari, nel Padovano. Zara “gira” la mail al direttore del servizio Fitosanitario della Regione, Giovanni Zanini, il suo capo. Chi sono i «carissimi amici» di Ruffato? Enrico Miatello, 70 anni, titolare dell’azienda Sumeran Handels srl con sede a San Martino, fallita pochi mesi fa, e il figlio Simone Miatello, 40, titolare della Sementi Miatello Trentin, gli imprenditori accusati di aver messo in piedi un’associazione a delinquere finalizzata alla frode nella vendita di prodotti agro-alimentari in quanto avrebbero contraffatto le etichette che certificano la qualità delle sementi lavorate. Imprenditori chiamati a rispondere anche di truffa e ricettazione.
«In questa vicenda ci sono state coperture politiche. E interferenze politiche» ha sostenuto davanti al tribunale di Padova, ieri, il pubblico ministero Benedetto Roberti nella requisitoria del processo in cui sono imputati i due. Poi una serie di nomi e cognomi: quello del presidente del Consiglio regionale Ruffato (Nuovo Centro destra area Popolare) e del suo capo di Gabinetto Giuseppe Nezzo. E quelli degli assessori regionali Maurizio Conte all’Ambiente (ex leghista ora in quota Tosi) e Franco Manzato all’Agricoltura, con il direttore del Servizio Fitosanitario Zanini, e il direttore dell’Ufficio anti-frode con sede a Conegliano Gianluca Fregolent.
Da loro – ha sostenuto la pubblica accusa in aula – i due imprenditori avrebbero cercato aiuto (senza riuscirci) per bloccare le indagini che li riguardavano. Per entrambi il pm ha reclamato la condanna: sette anni per il primo, quattro anni e 4 mesi per il secondo. Sollecitate condanne a due anni, con la condizionale, per i coimputati Manuela Baccarin, 40 anni di Bolzano Vicentino, titolare della tipografia Maner specializzata nell'etichettatura elettronica, e Giovanni Salvalaio, 67 di Maerne, agente della ditta; infine di Pantaleo Ingrosso, 63 di Vigarano Mainarda (Ferrara), titolare di una tipografia. Difese e sentenza il prossimo 3 giugno.
Il pm Roberti è andato oltre facendo capire che ci sarebbero state da parte di Miatello–padre, vere e proprie intimidazioni verso gli ufficiali di polizia giudiziaria giunti in azienda per mettere a segno una perquisizione regolarmente autorizzata. Non solo. Miatello-padre, ha insistito il pm, avrebbe pure cercato di far intervenire il vertice romano dell’Ufficio anti-frode (il dottor Gatto) per stoppare l’attività degli operatori in servizio nel distaccamento coneglianese: è il 2011 e l’inchiesta sta decollando. Poi si attiva con il funzionario di Conegliano Fregolent e, in un messaggio, gli scrive che i suoi «ragazzi» erano di nuovo arrivati nella ditta, mentre gli accordi erano diversi. Nell’agenda 2012 di Miatello una valanga di appuntamenti con politici e funzionari regionali poco prima dell’arresto: 12 gennaio Nezzo; 24 gennaio Nezzo e Zanini; 7 febbraio a Palazzo Balbi con Conte e Manzato; 8 febbraio Nezzo; 10 febbraio “Conte X Manzato”; 20 febbraio Nezzo, Manzato, Conte, Zanini, Fregolent; 6 marzo Conte.
I Miatello avrebbero contraffatto migliaia di etichette, da apporre sulle confezioni di sementi, che devono essere rilasciate da un ente che certifica la provenienza e qualità dei prodotti: in ditta furono sequestrate 300 mila etichette “taroccate”. Per farlo avrebbero messo in piedi una stamperia casalinga, tanto da perdere l'autorizzazione alla lavorazione sementiera che avevano con insistenza cercato di riottenere attraverso amicizie in Regione come risulta dagli accertamenti dell'Ufficio anti-frodi di Conegliano e della sezione Ambiente di polizia giudiziaria della procura di Padova. Il 9 maggio 2012 padre e figlio sono finiti agli arresti domiciliari.
Cade dalle nuvole Clodovaldo Ruffato: «Non so niente di niente» dichiara il presidente «non ho ostacolato nessuna indagine della quale non so nulla». Non nega di conoscere Miatello: «Ovvio che li conosco, sono di San Martino e con loro ho giocato a calcio, li conosco come conosco altre persone del settore. Sono industrie sementiere, da parte mia non c’è stata mai nessuna interferenza e nessun ostacolo. Non sono neanche a conoscenza di eventuali indagini. Non sono mai stato contattato dal pm, non ho nessun avviso di garanzia... Non so niente di niente». Ruffato è ben disposto a incontrare il magistrato: «Se hanno qualcosa da contestarmi desidero essere chiamato e informato, finora, però, non ho ricevuto nulla».
(ha collaborato
Giusy Andreoli)
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia