Metre, Cisint alla moschea di via Piave: «C’è rischio radicalizzazione»
L’europarlamentare di Monfalcone chiede regole certe e sermoni in italiano. In città dodici centri islamici, solo due autorizzati: «Rispettino le norme edilizie»

«Queste moschee sono centri islamici che dietro la facciata di charity foundation nascondono scuole coraniche finanziate dai Fratelli Musulmani. Qui si predica l’odio contro l’Occidente, alimentato da falsità ideologiche. Anche Venezia, come l'Italia, rischia di scivolare verso lo stesso baratro del terrorismo che ha colpito Belgio e Francia».
Lo scandisce l'animatrice delle crociate anti-moschee, l’europarlamentare della Lega Anna Maria Cisint, in missione a Mestre, al centro di culto tra via Piave e via De Amicis, circondata dai militanti della Lega veneziana.
L’obiettivo: chiudere il cerchio della sua battaglia contro la radicalizzazione anche qui, dove 12 centri islamici tra Mestre e Marghera risultano fuorilegge, privi di conformità urbanistica: l’80% in locali a destinazione commerciale, come quello di via Piave, dove la preghiera non si ferma nemmeno davanti al divieto del Consiglio di Stato. Fuori dai radar delle regole anche quella di via Linghindal 6, al centro dell’indagine della Polizia Locale, il centro culturale La Pace (contratto scaduto), fino a Old Jame Masjid in piazzale M.
Pellegrina e Bangla Mosque in via Corridoni 9, e così via. Scortatissima («A Monfalcone un terrorista formato in contesti simili voleva sgozzarmi, poi è stato arrestato») e con diversi agenti di Polizia a presidiare il sopralluogo, Cisint si è presentata per annunciare le nuove misure del decreto sicurezza, il suo «pacchetto anti-radicalizzazione».
«Non si tratta solo di urbanistica», spiega la leghista, «certo, servono verifiche e stop agli abusi edilizi, ma dietro ci sono questioni molto più ampie. Chi professa l’Islam in Italia deve accettare un’intesa con lo Stato: niente poligamia, niente donne ridotte a oggetti sessuali o analfabetizzate, niente velo integrale nè spose bambine. Serve trasparenza sui finanziamenti, che spesso arrivano da charity foundation collegate a Qatar, Emirato Al-Thani, Fratelli Musulmani e simil terrorismo. Qui non comanda il Corano. Fra l’altro queste strade non sono più italiane: l’ho percorsa, e fa davvero venire i brividi».
In sostanza: moschee sì, ma solo dove lo permettono le regole. E soprattutto stop ai precetti coranici incompatibili con il nostro diritto. Anche predicare in italiano? «Sarebbe l’ideale», taglia corto Cisint, che chiede un’intesa scritta con le associazioni di stranieri.
Intanto il gruppo comunale punta a prendere in mano l’ex Pam di via Piave: «Nessuna battaglia politica, solo acquisizione per riportare legalità» spiega Alex Bazzaro, capogruppo Lega a Ca’ Farsetti, che a maggio aveva già avviato un accesso agli atti sugli abusi. Ma chiudere tutto significherebbe lasciare un fiume di ventimila fedeli islamici a pregare in strada. «Non tutte le moschee, un paio sono regolari» avverte Bazzaro. Tra consiglieri e cittadini del coordinamento di via Piave, presenti anche il segretario provinciale Sergio Vallotto, Rosanna Conte e a lady Pickpocket. —
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