«Chiamato scimmia da un papà mentre ero con i miei bambini»

Venezia. L’uomo, originario del Senegal, stava comprando la merenda ai suoi piccoli. Un veneziano, con figlio a fianco, ha urtato il padre e poi lo ha insultato

VENEZIA. «Cosa vuoi scimmia, non ti si vede». Davanti all’ennesimo episodio di razzismo, una famiglia formata da mamma veneziana, papà nero e due figli, ha deciso di raccontare quanto accaduto. Un’illustratrice sensibile lo ha poi espresso con una vignetta che è diventata virale in poco tempo. Siamo a Venezia, in campo San Barnaba, all’altezza della barca della frutta. Il papà A. N. , originario del Senegal e da anni ormai in Italia, va a prendere i figli a scuola e si ferma a comprare della frutta per la merenda. Mentre aspetta di pagare un uomo (veneziano), anche lui con figlio vicino, gli va addosso.



D’istinto A. N. si gira e gli dice: «Hey signore! » . La risposta arriva come una freccia velenosa al cuore: «Cosa vuoi scimmia, non ti si vede» gli risponde l’altro padre, per poi tirare dritto e andarsene. Lui rimane di sasso, in bilico tra la volontà di reagire e quella di lasciar perdere. Tutto avviene così velocemente che le parole per un’eventuale risposta scivolano via, ma per poco. Quando torna a casa lo racconta alla moglie che decide di condividerlo su Facebook: «Questo paese, e Venezia in questo caso, è diventato quel posto in cui...» e racconta quanto accaduto. Un’amica illustratrice, Francesca Irene Thiery, disegna una vignetta dove l’uomo bianco, piccolo e con il dito puntato, urla al papà di colore: «Hey scimmia! Non ti si vede!» .

Disegno e storie vengono condivisi e si sprona la famiglia a denunciarlo o comunque di cercare di individuarlo per scrivergli una lettera collettiva.

La scrittrice Igiaba Scego, di origini somale, commenta: «Episodio di ordinario razzismo a Venezia, ma succede a Roma, Torino, Napoli (. . . ) succede in Italia (. . . ). La cosa triste è che nel 2018 la società italiana è ferma qui, non tutti eh, ma una parte (. . . ). Il disegno l’ho trovato meraviglioso perché è il miglior abbraccio alla famiglia, ma è anche un regalo a tutti noi che possiamo far vedere questo disegno ai nostri bambini (figli, nipoti, studenti) e spiegare che la gente non è piccola di statura, ma piccola di cervello».

Non è la prima volta che la famiglia denuncia un episodio di razzismo. Anche in questo caso ha scelto di farlo nella convinzione che frasi come questa non debbano mai trovare spazio. Tra le condivisioni del post, F.G. scrive: «I razzisti, oltre a essere piccoli hanno poca fantasia e usano sempre i soliti insulti: il nero scimmia, l’ebreo avido, l’omosessuale checca, il terrone sporco etc etc. Dobbiamo combattere queste piccolezze e difendere le persone vulnerabili. Il vaso di Pandora è stato spalancato negli ultimi mesi, ma dobbiamo richiuderlo usando il potere della cultura e della fantasia».

La famiglia non ha voluto rilasciare altri commenti: «L’episodio parla da sé».


 

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