Centro massaggi cinese messo sotto sequestro

Sigilli dei Nas: era stato aperto da pochi giorni tra le critiche dei residenti del quartiere
Nuova apertura centro estetico Fior di Loto in via Trieste a Marghera Catene
Nuova apertura centro estetico Fior di Loto in via Trieste a Marghera Catene

MARGHERA. È già finito sotto sequestro il centro massaggi Fior di Loto che aveva aperto qualche giorno fa in via Trieste, a Catene. Da un paio di giorni infatti c’è il sigillo dei carabinieri dei Nas (Nucleo anti sofisticazioni) all’ingresso del salone che tanto aveva fatto discutere il quartiere e contro il quale si erano alzate molte proteste. Il centro è stato chiuso dai carabinieri di Treviso per irregolarità relative ai permessi - e i dettagli dell’operazione verranno probabilmente resi noti nei prossimi giorni, al termine degli accertamenti in corso. «Apprendiamo con molta soddisfazione la notizia del sequestro del Centro Massaggi Fior di Loto, dopo la nostra protesta. Ribadiamo che la nostra non è una battaglia contro qualcuno ma per la massima trasparenza» dice Alvise Ferialdi, del partito socialista italiano «e per il massimo rispetto delle regole e soprattutto la massima legalità, se tutti questi punti vengono rispettati non avremo in futuro motivo di lamentarci. Ringraziamo quindi i Nas per il grado di tutela dimostrato verso la cittadinanza». Il sequestro del Fiore di Loto segue altri tre sequestri comunicati dai Nas lo scorso 27 gennaio. In quel caso tre centri erano stati chiusi, e uno multato. In particolare i controlli dei carabinieri si erano concentrati sul centro di Mestre, e avevano riguardato un centro estetico thailandese e un centro estetico cinese. Nel primo caso il centro era stato chiuso perché, pur essendo l'attività regolarmente autorizzata dal Comune di Venezia, i Nas avevano trovato nella struttura personale di nazionalità thailandese non abilitato alla mansione di estetista. In più il responsabile della struttura, al momento del controllo, risultava assente, e non certo perché era andato a bere un caffè al bar di fronte. Nel secondo e nel terzo caso (un comune della provincia) due centro gestiti dai cinesi, i centri lavoravano proprio senza alcuna autorizzazione.

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