Caporalato, truffa e soldi per i prestanome

Operazione Sardinia Job. Un’intera famiglia fra i 7 indagati per riciclaggio: mille euro al mese dopo una firma dal notaio
Una ex barista a Fagagna, due dipendenti di un allevamento di pollame, stranieri ingaggiati in paesi dell’Est, persone in difficoltà economiche, talvolta pure ignari della carica ricoperta: è in questa variegata galassia umana che sono stati pescati i sette prestanome per le tredici società cartiere sarde che effettuavano secondo la Guardia di finanza di Pordenone attività di intermediazione abusiva per la prestazione di manodopera a favore di 37 imprese manifatturiere, edili e metalmeccaniche in dieci province italiane (Bergamo, Brescia, Milano, Modena, Padova, Pavia, Siracusa, Treviso, Venezia, Vicenza).


Anche i sette indagati per riciclaggio erano “teste di legno” per gli inquirenti: conti correnti, carte prepagate e vaglia postali erano a loro nome, ma l’ingente flusso di denaro da Olbia a Pordenone era destinato, secondo le Fiamme gialle, al regista occulto dell’organizzazione e ai suoi sodali. Secondo gli inquirenti le casse delle società sarde venivano svuotate sistematicamente e i presunti profitti illeciti distribuiti tramite vaglia postali, carte prepagate e bonifici. La Procura ritiene che il capo dell’organizzazione fosse Steno Venier, cinquantenne spilimberghese, che il suo uomo di fiducia fosse Nadir Ius, 64 anni, residente a San Martino al Tagliamento e che Giovanni Maria Inzaina e Gabriele Inzaina, 64 e 34 anni, entrambi residenti a Telti, in provincia di Sassari, si occupassero invece delle incombenze formali delle società in provincia di Sassari per conto di Venier, come apertura dei conti correnti e ricezione della posta. A tutti e quattro la Procura ha contestato l’associazione per delinquere, costituita per commettere una serie di reati: emissione di fatture per operazioni inesistenti, intermediazioni illecite di manodopera, omesso versamento dell’Iva e riciclaggio. Il nome di Venier (interdetto dal 2009 per dieci anni dall’esercizio di impresa a seguito di sentenza di condanna per bancarotta fraudolenta, con 14 provvedimenti nel suo casellario giudiziario dal 1995 al 2013) era ormai diventato un punto di riferimento a livello nazionale, secondo la Finanza, per il reperimento di manodopera nel settore industriale. Ius, secondo la Procura, si occupava di reclutare, per conto di Venier, gli operai, i prestanome e i riciclatori di denaro, nonché curava i rapporti con le imprese che impiegavano i lavoratori negli appalti. Gli Inzaina, sempre nella ricostruzione degli inquirenti, si occupavano invece della gestione contabile delle società e delle operazioni bancarie e postali attuate per trasferire le somme dai conti delle società ai conti dei prestanome e dei riciclatori e a quelli di Ius e Venier. Dalle indagini è emerso che alcuni prestanome erano del tutto ignari di esserlo. È il caso, per esempio, di un operaio romeno residente a San Martino al Tagliamento, che ha scoperto di essere stato messo a sua insaputa alla guida di due società sarde dalle raccomandate ricevute dall’Agenzia delle Entrate. Lui si era limitato a spedire a un connazionale via fax i suoi documenti per ottenere un impiego. Un’intera famiglia è stata ingaggiata per intestarsi varie società: madre, i due figli e la compagna di uno dei figli. Hanno raccontato di essersi limitati a sottoscrivere dal notaio a Olbia l’atto costitutivo delle società che rappresentavano, senza mai occuparsi della gestione, di aver acceso posizioni bancarie lasciate poi nella completa disponibilità di Ius. In cambio percepivano un compenso mensile di mille euro in contanti. Non sapevano, però, che cosa ci fosse sotto. E ora si ritrovano, loro malgrado, invischiati in una vicenda molto più grande di loro.


©RIPRODUZIONE RISERVATA


Riproduzione riservata © La Nuova Venezia