Camorra a Eraclea, il pentito: «Soldi per la campagna di Teso, Donadio ha fatto votare per Mestre»

Il pentito Sgnaolin duro con l’ex vicesindaco che non era in aula. «Mirco era la sua testa di legno, non ha chiesto appoggi»
Mestre aula bunker processo Donadio - deposizione Sgnaolin
Mestre aula bunker processo Donadio - deposizione Sgnaolin

MESTRE. «Lo sapevano anche i sassi che il vero sindaco di Eraclea era il vicesindaco e che Mirco Mestre era la “testa di legno” di Graziano Teso». Irrompono i rapporti tra Luciano Donadio e la politica, nella seconda giornata dell’interrogatorio fiume di Christian Sgnaolin, ex braccio destro economico dell’imprenditore accusato dai pm Baccaglini e Terzo di aver trasferito - insieme a Raffaele Buonanno - la ’ndrangheta casalese negli affari del Veneto Orientale e di Eraclea, in particolare.

Le parole di Sgnaolin sono dure con l’ex vicesindaco Graziano Teso (che però non si è potuto difendere, perché avendo scelto il rito abbreviato, il suo avvocato non è presente all’udienza con rito ordinario) e alleggeriscono la posizione dell’ex sindaco Mirco Mestre (il cui legale, l’avvocato Fragasso, più volte ha contestato le domande dell’accusa). La tesi della Procura è che ci sia stato voto di scambio: Teso e Mestre hanno sempre negato ogni responsabilità. Se le parole di Sgnaolin abbiano o meno valore penale lo stabilirà il Tribunale: certamente la giornata di controinterrogatorio dei legali si annuncia vivace.

«Donadio era il socio occulto di Graziano Poles pe r la costruzione dell’hotel Victory di Eraclea. Non si doveva sapere, perché chi ha sponsorizzato tanto l’operazione è l'ex sindaco Graziano Teso, anche se davanti a tutti non si salutavano», racconta Sgnaolin, «ma Donadio aveva dato 10 mila euro a Poles per la campagna elettorale di Teso e, quando vinse, venimmo tutti e tre invitati alla festa alla Tavernetta di Eraclea. Teso sapeva benissimo che Donadio era socio occulto di Poles». Oltre alla costruzione del Victory - ricorda - l’era in ballo anche la nuova casa di riposo all’ex cantina. «I più grossi lavori che abbiamo realizzato sono stati il Victory e il campeggio Ostia Natica Lignano: fornivamo tutti gli operai di muratura», dice Sgnaolin, «al di là delle false lavorazioni, abbiamo anche veramente tanto lavorato». Pagando gli operai 7 euro all’ora, sui 20 chiesti al cliente: «3-5 restavano a noi caposquadra:guadagnavamo anche 25 mila euro al mese. Il resto a Donadio».



Mirco Mestre e Donadio come si cono concosciuti? Chiede la pm Baccaglini. «Conoscevo Mestre da ragazzini, eravamo nella stessa compagnia: glielo ho presentato io come avvocato. Negli anni seguì molte pratiche civili per Donadio».

La Procura accusa Mestre di essersi molto attivato, dopo il sostegno di Donadio alle sue elezioni, per la realizzazione dell’impianto di biogas a Stretti, che poi saltò. Sgnaolin dà una diversa lettura: «I due impianti di biogas dovevano essere costruiti sul terreno di proprietà di Paolo Valeri, utilizzando fondi della comunità europea. L’’impresa di Donadio si occupava delle opere in muratura. L’accordo era che uno dei due impianti sarebbe stato suo». «Quando prendemmo in carico le pratiche», aggiunge, «parlammo con Mirco per velocizzare l’iter. Il sindaco voleva le cose fatte a norma di legge, con una conferenza di servizio. Eravamo tutti d’accordo».

La pm insiste: Donadio parlò con Mestre? «Andammo nello studio di Mestre io, l’ingegner Casarin e Benasi. L’appuntamento fu organizzato da Donadio, che aveva chiesto la possibilità di riceverci per presentare il progetto e i benefici anche per la comunità: acqua calda per la scuola elementare e strade nuove. Valeri non venne, perché era in contrasto con il vicesindaco Graziano Teso».

Che c’entra il vicesindaco, chiede la pm? «Era sempre lui il vero sindaco di Eraclea, non Mestre: tutto passava dalle sue mani. Valeri aveva sostenuto un altro candidato sindaco e temeva che Teso intervenisse per bloccare le autorizzazioni. In realtà saltò tutto proprio perché Valeri non presentò le carte in tempo e non potevamo più chiedere i contributi europei». La pm insiste sull’interessamento di Mestre al progetto «Disse che dovevamo metterci in contatto con l’architetto Ramon, che avrebbe seguito la pratica per il Comune e che ne avrebbe parlato in Consiglio». La pm insiste, l’avvocato Fragasso interviene, ricordando lui stesso le parole di Sgnaolin: «Nell'interrogatorio del 25 settembre è verbalizzato che “Mestre ci avrebbe messo in contatto con ramon e accennato con la giunta e l'architetto Ramon l'opportunità di costruire”. Non si tratta di aver parlato, ma accennato».

La Procura chiede se Donadio avesse sostenuto l’elezione di Mestre: «Mestre non ha chiesto appoggi elettorali. Io non mi sono mai occupato di politica e campagne elettorale. Donadio piuttosto che votare altre persone ha votato e fatto votare quello che era il suo avvocato da 20 anni, una persona corretta, di fiducia e poteva essere volto nuovo». Il risvolto politico è la novità del giorno, ma Sgnaolin ha parlato per oltre 7 ore degli affari del clan.



«Lo stratagemma per raggirare i controlli anti-riciclaggio me lo suggerì il direttore del banco di Brescia di Oderzo, Marco Donati», racconta Sgnaolin rispondendo alle domande del pm Terzo, «che ci ha sempre tenuto a lavorare sul filo del rasoio: 100 mila euro venivano “spezzati” in 100 assegni circolari cambiati per cassa. Cento operazioni da mille euro non davano sospetti, come una da 3 mila euro. A lui interessava gli portassimo clienti alla banca».



Sgnaolin parla delle decine di imprese acquisite da Donadio per utilizzarle come cartiere per creare fondi neri con false fatturazioni, «tutte intestate a teste di legno “che sapevano parlare solo in dialetto campano, analfabeti utili solo a firmare. Non sapevano né leggere, né scrivere». Imprese che servivano - secondo l’accusa - anche a ottenere finanziamenti e mutui da direttori compiacenti: «Dove si spostava Denis Poles si spostavano le aziende di Donadio. Poles sapeva che le società - anche se avevano diversi legali rappresentanti - erano di proprietà di Donadio. Poles sapeva che per i suoi pregressi, arrestato per usura, non poteva essere legale rappresentante». L’avvocato Forza ha già annunciato di voler controinterrogare Sgnaolin.



E per non farsi mancare nulla, il «bravo direttore finanziario della holding Donadio» - come l’ha definito il pm Terzo - ha raccontato che Donadio fece domanda per il bonus Renzi da 80 euro: ottenne dallo Stato la compensazione per i suoi operai, senza aver in realtà aver mai anticipato un euro.
 

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