Caldaie, decreto da riconsiderare. L’allarme della Cgia

L’associazione degli artigiani di Mestre mette in guardia sugli effetti della semplificazione burocratica per gli impianti termici

Mitia Chiarin

«Dietro la semplificazione burocratica potrebbero nascondersi dei pericoli, specialmente quando si tratta di temi cruciali come la sicurezza domestica».  Lo sostiene la Cgia di Mestre che interviene sul nuovo provvedimento legislativo del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, che mira a riscrivere le regole sui controlli degli impianti termici, come le caldaie domestiche. Una proposta che potrebbe compromettere la sicurezza di milioni di cittadini italiani.

 

Il nuovo Decreto e i suoi impatti

Il cuore del dibattito riguarda l’articolo 8, comma 3, di una bozza avanzata del decreto, che prevede l’eliminazione dei controlli “in situ” per tutti gli impianti termici sotto i 70 kW. «Tradotto in termini semplici, ciò significherebbe che milioni di caldaie domestiche a gas non verrebbero più ispezionate fisicamente da tecnici specializzati. Se il nuovo decreto dovesse entrare in vigore, per questi impianti sarebbero previsti solo controlli documentali effettuati a distanza dagli enti competenti, un cambiamento che preoccupa non poco gli esperti del settore», sostiene la Cgia. 

«Attualmente, i catasti regionali e provinciali degli impianti termici sono in gran parte disorganizzati, con piattaforme che non interagiscono tra loro e che raramente mettono in comunicazione i dati degli impianti con quelli contrattuali del gas o anagrafici. In altre parole, il sistema informativo che consentirebbe controlli a distanza in modo efficace semplicemente non esiste».

Francesco Costantini, Presidente dei termoidraulici della CGIA di Mestre, spiega. «Questo decreto potrebbe avere un effetto negativo. Semplificare a scapito della sicurezza è pericoloso». I numeri parlano chiaro: tra il 2019 e il 2023, secondo i dati del Comitato Italiano Gas, gli incidenti legati agli impianti a gas domestici sono stati 1.119, con 128 morti e 1.784 feriti. Questi numeri non sono solo statistiche: «Dietro questi dati ci sono storie di famiglie coinvolte in incidenti domestici causati da malfunzionamenti degli impianti termici – prosegue Costantini – come esplosioni o intossicazioni da monossido di carbonio. In un contesto in cui si cerca di promuovere una transizione energetica e una maggiore sostenibilità ambientale, la riduzione dei controlli potrebbe portare a maggiori rischi per la salute dei cittadini, più emissioni inquinanti e sprechi energetici». E ci sono anche le conseguenze ambientali. Le caldaie domestiche, se non mantenute correttamente, diventano meno efficienti e inquinano di più. In particolare, le polveri sottili PM10, uno dei principali inquinanti atmosferici in Italia, sono emesse da impianti di riscaldamento inefficienti.

La richiesta della CGIA

Conclude Costantini: “L’eliminazione o la riduzione dei controlli sugli impianti termici domestici metterebbe a rischio la sicurezza delle persone, il risparmio energetico e la qualità dell’aria. Bisogna chiedere al ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, di riconsiderare il decreto e di consultare preventivamente le parti interessate, come le associazioni di categoria e gli esperti del settore, prima di qualsiasi revisione normativa. È fondamentale garantire che ogni cambiamento normativo non solo semplifichi la burocrazia, ma tuteli adeguatamente anche la sicurezza e la salute pubblica”.

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