Brevetti e ingegno Il ritorno di Sartor L’industriale in tuta da lavoro

LA STORIA
Tra le ragioni che influiscono nella scelta di Fincantieri di restare ben piantata a Nordest la meno appariscente attiene al tessuto industriale di questo lembo d’Europa. Nel raggio di poche decine di chilometri ci sono imprese e imprenditori capaci di risolvere i problemi più inaspettati senza battere ciglio.
Generalmente senza volto, spesso chiamate con gli acronimi dei titolari, ospitate in anonimi capannoni, queste piccole aziende esprimono in fondo una sorta di genius loci del Veneto.
Fiorenzo Sartor è uno di questi “invisibili”, dal patrimonio non distante dalle classifiche di Forbes. Con la sua Safi (un acronimo, appunto) realizza in provincia di Treviso ponteggi autosollevanti, usati nei cantieri di mezzo mondo: Stati Uniti, Canada, Francia, India. In Svezia sono al museo Vasa, a Chernobyl ha costruito il ponteggio per il sarcofago della ex centrale nucleare, negli Emirati Arabi quelli per la Grande Moschea. Più facile incontrarlo in tuta blu da lavoro che in giacca e cravatta.
Non proprio uno sconosciuto, dalle parti di Porto Marghera. Poco più di dieci anni fa si mise in testa di conquistare un pezzo di chimica italiana e mise sul piatto 77 milioni di euro per il salvataggio Vinyls, il gruppo del cloruro di polivinile appesantito dai debiti e da scelte industriali sbagliate. Fu un bagno di sangue, anche se si guadagnò per un certo periodo la gratitudine dell’allora sindaco Massimo Cacciari. Ne uscì appena un po’ ammaccato ma con in tasca un paio di aziende chimiche, la Videa a Porto Marghera che fa sabbiature industriali e la Tpv compound a Ferrara che fa pvc, che tuttora gestisce.
Ora ha brevettato un sistema capace di risparmiare molto tempo e molta fatica all’industria della cantieristica. Primo cliente: naturalmente la Fincantieri.
«La commessa di Fincantieri è molto importante», spiega Fiorenzo Sartor, «lavoro da molti anni con loro, da tempo mi parlavano del problema di non riuscire ad avere la sufficiente versatilità dai loro montacarichi. Così, ci ho pensato un po’ su. L’idea mi è venuta di domenica, naturalmente. Ne sto facendo cinque per il loro cantiere di Monfalcone e per Porto Marghera. Il punto per loro è che fa risparmiare un sacco di tempo nella fase di montaggio delle grandi navi. E il tempo, si sa, è denaro».
Si tratta di un montacarichi, ma non di uno qualsiasi. Per come è progettato, è in grado di sollevarsi consentendo il passaggio delle gru in banchina. Si alza e torna ad abbassarsi, guidato da un operatore. E’ in grado di alzare e traslare qualsiasi materiale in quantità e peso industriali. Detta così, è roba da ingegneri. Ma Sartor ha realizzato esattamente ciò che il committente non era mai riuscito a realizzare.
Un montacarichi a pignone e cremagliera che si adatta agli spazi della banchina e riesce a sollevare materiale di qualsiasi peso. Lui, il re dei ponteggi, è orgoglioso di questa sua ultima creatura, non solo perché Fincantieri ne ha ordinate subito cinque, per un valore che supera i 300 mila euro, ma per la prospettiva che apre al processo industriale, consentendo di risparmiare tempo e fatica ai lavoratori. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia