Botte a un vu' cumprà a Jesolochiesti 19 anni per quattro vigili

Dura requisitoria del pm Roberto Terzo al processo in corso a Venezia. Secondo il magistrato due dei quattro agenti "hanno sporcato la divisa che indossavano"
Il sostituto procuratore Roberto Terzo pm al processo
Il sostituto procuratore Roberto Terzo pm al processo
VENEZIA. Richieste pesanti, 19 anni di carcere complessivi, quelle avanzate ieri dal pubblico ministero Roberto Terzo per il 29enne jesolano Matteo Marin, il 25enne sandonatese Alessandro Finotto, il 43enne di Quarto d'Altino Francesco Pavan e la 33enne jesolana Jenni Bonaldo. Del resto, sono accusati di reati gravi, dal sequestro di persona alla rapina, dal peculato al falso e al favoreggiamento, per i primi due accusa aggravata dall'odio razziale. Il rappresentante della Procura ha chiesto 5 anni e 9 mesi di reclusione e tremila euro di multa per Marin, 6 anni e 3 mesi e tremila euro per Finotto, 3 anni e 3 mesi e 1500 euro per Pavan, 3 anni e 9 mesi e 1500 euro per Bonaldo.«Marin e Finotto - ha detto il pm - hanno commesso atti bassi, brutti, sintomo di un'indole autoritaria e arbitraria e hanno messo a repentaglio la credibilità delle forze dell'ordine, hanno sporcato la divisa che indossavano, eppure non sono bulli, sono laureati, avevano tutti gli strumenti per vivere onestamente». Diversa la posizione di Pavan, che il pm ha dipinto con una persona contraria alla violenza: «La stessa parte offesa - ha aggiunto - ha sostenuto che non solo lui non l'ha mai picchiato, ma che aveva insistito perchè gli altri smettessero di dargliele». Infine la Bonaldo, che non ha partecipato all'aggressione all'ambulante, ma non li ha denunciati quando hanno prelevato il marocchino, non ha raccontato subito al comandante che cosa era accaduto e soprattutto ha fornito loro la copertura con la relazione di servizio fasulla, alla fine ha mentito al pubblico ministero quando è stata sentita inizialmente come testimone.Il pm ha spiegato che i due ambulanti che hanno denunciato sono perfettamente credibi e la tesi del complotto, avanzata dalla difesa, non tiene. «Gli avvocati sosterranno che i marocchini hanno organizzato una trappola per togliere di mezzo i loro nemici più temibili, ma ci sono particolari e circostanze che smentiscono tutto ciò: perché avrebbero dovuto ad esempio "salvare" Pavan? E poi il gps sulla macchina dei vigili ha confermato che erano finiti in via Grassetto, strada periferica, dopo aver sequestrato l'ambulante». Quindi, ha elencato le diverse versioni fornite dagli imputati: prima hanno sostenuto che volevano identificarlo, ma nulla hanno scritto nella loro relazione, poi hanno raccontato che lo hanno prelevato perchè stava vendendo senza licenza, quindi hanno spiegato che volevano solo mettergli paura».

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