«Bonifiche, nessun controllo dello Stato»

VENEZIA. «Il Provveditorato alle Opere pubbliche non ha mai esercitato, né esercita tuttora alcun effettivo controllo sul sistema di assegnazione da parte del Consorzio Venezia Nuova dei subappalti relativi al Mose e alle bonifiche. Una mancanza, da parte del committente per conto dello Stato, che ha consentito al Consorzio di assegnare gli appalti alle ditte consorziate in violazione della normativa sulle gare d’appalto e delle norme europee». Atto d’accusa durissimo quello firmato dalla commissione parlamentare di inchiesta sulle Attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.
Un testo depositato alla Camera nei giorni scorsi che conclude un lungo lavori di inchiesta della commissione, centrato in particolare sul sito inquinato di interesse nazionale (Sin) di Porto Marghera. Lunedì il presidente della commissione, il deputato del Pd Alessandro Bratti, sarà a Marghera proprio per parlare di bonifiche e disinquinamento dell’area industriale insieme a Felice Casson, senatore del Pd, e Gianfranco Bettin, presidente della Municipalità. Si farà il punto degli interventi di bonifica fermi da anni. E di una situazione che non consente di sbloccare la riconversione dell’area.
«Per il marginamento dei terreni inquinati di Marghera», si legge nella relazione firmata dalla commissione, «lo Stato ha speso fino a oggi una cifra 781 milioni di euro, serviti per realizzare il 94 per cento delle opere». La prima «incongruità», scrivono i commissari, «è data dal fatto che per completare l’opera, cioè per finire quel 6 per cento di interventi, saranno necessari almeno 250 milioni». Come mai? «Perché gli interventi conclusivi», continua la relazione, «sono i più complessi, e manca da realizzare il sistema di drenaggio delle acque».

A rallentare il tutto e a far lievitare i costi ci sono anche i collaudi. Una percentuale del 2-3 per mille sul totale dei lavori, con incarichi affidati a dirigenti apicali del ministero dell’Ambiente, della commissione Via, della Regione e del Magistrato alle Acque. Una spesa di almeno 15 milioni destinata ai collaudatori che avrebbe potuto risolvere, scrivono i parlamentari, alcune delle emergenze ancora aperte. Lo stesso sistema che era stato adottato per i collaudi del Mose. Incarichi lucrosi arrivati nel complesso a decine di milioni di euro, distribuite ai dirigenti dello Stato.
«Una vicenda su cui va fatta piena luce, come per il Mose», dice Casson, primo firmatario della proposta di legge speciale che prevede il trasferimento dei poteri del Magistrato alle Acque - oggi declassato in Provveditorato alle Opere pubbliche - alla città.
Un tema questo su cui si trova in sintonia con il sindaco Luigi Brugnaro, che ha ribadito al premier Renzi, qualche giorno fa, la necessità di trasferire i poteri sulle acque alla Città metropolitana.
La bonifica delle aree disinquinate di Marghera è stata affidata negli anni Duemila direttamente al Consorzio Venezia Nuova. Che senza gare d’appalto ha ricevuto dallo Stato attraverso il Magistrato alle Acque - presieduto allora da Patrizio Cuccioletta - 781 milioni di euro per i marginamenti. Un dato che compare anche nella relazione del presidente nazionale dell’Anac Raffaele Cantone, che ha chiesto e ottenuto dal prefetto di Roma, dopo il commissariamento del Consorzio Venezia Nuova, anche quello della società Comar scral, creata dalle imprese azioniste del Consorzio (Condotte, Grandi Lavori Fincosit e Mantonavi).
Comar creata nel 2009 con un atto interno firmato dal presidente Giovanni Mazzacurati. Che affidava alla società l’incarico di avviare le gare d’appalto. Sollecitate dall’Unione europea e mai attuate. E quando venivano fatte, scrive Cantone, la società poteva accantonare eventuali ribassi d’asta. Vanificando dunque il risparmio per lo Stato della procedura di gara.
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