Bagarre sulla Cavalchina «Non è un ballo di lusso»

Ma quale lusso e lusso. A Parigi, dove si è rifugiato per ritemprarsi dalle fatiche, prendere la giusta distanza dagli eventi e chissà mai, anche guardarsi intorno, il regista Matteo Corvino tiene il punto. No, il suo ballo della Cavalchina con biglietti dai 300 euro in su non può essere considerato una festa di puro lusso, soprattutto se paragaonato ad altri eventi dove, solo per respirare, bisognava tirare fuori mille euro. Quindi davvero peccato se all’indomani del ballo, con ancora il foyer tempestato di coraindoli, il sovrintendente della Fenice Cristiano Chiariot abbia detto che la festa è finita sul serio, nel senso che è finita per sempre, perchè sciali del genere non sono più ammessi in questi anni di crisi.
Il regista dell’evento, che non ha preso un euro di compenso, che ha trovato cantanti, attori e toreri che si sono esibiti gratuitamente, che ha messo insieme un gruppetto di sponsor che hanno provveduto a coprire le spese degli alberghi, dei ristoranti, dei voli e degli artisti; insomma il regista del ballo che ha visto arrivare spettatori da tutto il mondo, comprensibilmente c’è rimasto male.
«Ribadisco che oggi la Cavalchina non è un evento di lusso considerato che metà dei presenti erano giovani e che pagare 300-400 euro un ballo in un teatro con cena, dopo cena e ballo fino a notte fonda non è una cifra esorbitante. Certo, è tutto relativo. Ma nel contesto del Carnevale veneziano mi sembra che non sia stata certo la serata più esclusiva - dice il regista - Volutamente ho voluto organizzare un ballo anche e soprattuto per i giovani, che erano numerosissimi».
Corvino ridisegna anche il capitolo “costi”. «Il principe Agosti si è autofinanziato da solo, il numero di Togni è stato coperto dagli sponsor così come tutti gli altri artisti premiati che si sono esibiti gratuitamente e che non sono nemmeno stati ringraziati».
E ancora. Corvino spiega di aver imprestato almeno il 40 per cento dei decori (contro il 10 per cento messo a disposizione dalla Fenice), di aver avuto il teatro a diposizione per le prove solo per poche ore (e un po’ si vedeva); dice ancora che la madrina Antonia Dell’Atte non sapeva nemmeno dove andare (e questo si vedeva parecchio), e che gli artisti hanno continuato a esercitarsi anche mentre gli ospiti erano nelle Sale Apollinee per la cena (non stupendo).
Una vigilia al fulmicotone che ha lasciato un segno. Sullo stesso Chiarot il quale, annunciando la svolta dei tempi, decreta di fatto la fine del ballo, o una sua evoluzione in qualcosa che non è dato di sapere. Su Corvino ancora di più, che si lecca le ferite con due crostini di fois gras da Benoit e intende continuare a tenere alto il nome della Cavachina. Visto che già l’anno prossimo avrebbe dovuto saltare (perchè biennale) perchè non portarla a Parigi, o a Salisburgo, o altrove, o ovunque il Carnevale abbia ancora un’oncia di fascino?
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