Avvocato condannato per concussione

Quattro anni e mezzo a Paola D’Alessandro: il vicecapo dello Spisal, Guidi, l’avrebbe imposta come legale ad alcune ditte

di Giorgio Cecchetti

Quattro anni e mezzo di reclusione per l’avvocato mestrino Paola D’Alessandro. Questa la pena alla quale il Tribunale di Venezia presieduto dal giudice Vincenzo Santoro ha condannato ieri la professionista accusata di due episodi di concussione e di uno di corruzione. I magistrati lagunari hanno deciso per una pena addirittura maggiore di sei mesi rispetto a quella che, il 28 novembre scorso, aveva chiesto il pubblico ministero Paola Mossa. Sostanzialmente accolta, invece, la richiesta dell’accusa per l’altro imputato, il direttore del laboratorio vicentino «R&C Scientifica» Emilio Urbani, condannato a due anni e otto mesi per corruzione. Il Tribunale, inoltre, ha deciso che nessun risarcimento spettasse alla ditta che si era costituita parte civile con l’avvocato Giuseppe Sarti. La sentenza è stata letta dopo circa quattro ore di camera di consiglio: i difensori dei due imputati si erano battuti per l’assoluzione di entrambi.

La vicenda è quella che ha già portato al patteggiamento della pena per il vicecapo dello Spisal dell'Asl 12 Massimo Guidi (tre anni e mezzo di reclusione) e per l'imprenditore della Riviera del Brenta Marino Abbadir (un anno e otto mesi, grazie alla sua collaborazione con gli inquirenti). Guidi favoriva alcune imprese che lavoravano nel settore dello smaltimento dell’amianto: non solo le consigliava a chi ne aveva bisogno per le bonifiche, ma quando partivano i lavori non poneva ostacoli all'intervento nei loro cantieri, mentre a chi sceglieva quelle non raccomandate creava difficoltà. Lo stesso faceva con i laboratori, che dovevano compiere le analisi dei materiali.

In cambio, riceveva regali ma soprattutto cospicue bustarelle. In alcuni casi, come prezzo dei suoi favori - stando alle accuse - avrebbe imposto la sua compagna di allora, l'avvocato D'Alessandro. Secondo il capo d’imputazione, di certo in due occasioni: con la ditta «Uniontecnica» e con la «Mariani». Il pubblico ministero Paola Mossa aveva riassunto le testimonianze dei titolari, i quali hanno raccontato il primo che Guidi lo aveva sollecitato a rivolgersi non più all'avvocato Domenico Giuri, ma alla D'Alessandro che era da poco uscita dallo studio del primo per aprirne uno tutto suo. Il secondo aveva riferito che Guidi pretese la sottoscrizione di una convenzione con l'avvocato D'Alessandro . «Mi fece capire - aveva sostenuto il teste - che se volevo che il lavoro procedesse in cantiere dovevo avere un avvocato sul posto, a Venezia». E all'incontro si presentò l'imputata, che per quell'attività si sarebbe messa in tasca duemila euro al mese. «Si tratta di prestazioni professionali inutili e onerose - aveva spiegato la rappresentante della Procura - e l'imputata non poteva essere semplicemente il beneficiario finale inconsapevole perché era la compagna di Guidi e soprattutto perchè aveva partecipato alla riunione con lui e il titolare della Mariani, non poteva non rendersi conto che si trattata di un'attività inutile». E Guidi, tra l'altro, aveva chiesto per lei una parcella doppia, ben quattromila euro al mese

Durante il processo era stato interrogato a lungo anche il responsabile dello Spisal Giancarlo Magarotto. All'inizio dell'indagine era stato indagato per omessa denuncia, ma alla fine la sua posizione era stata archiviata su richiesta dello stesso pm. Durante la sua deposizione in aula aveva più volte sostenuto di non ricordare le circostanze su cui veniva sentito, tanto che era dovuto intervenire il presidente del Tribunale per rammentargli che doveva rispondere.

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