Amianto killer, Porto condannato

VENEZIA. Morì nell’aprile del 2005 a 59 anni per un mesotelioma maligno di origine professionale, dopo aver lavorato per 26 anni (dal 1964 al 1990) con la Compagnia Lavoratori Portuali di Venezia. Nelle sue mansioni di carico e scarico delle navi e di facchinaggio, è stato accertato come fosse stato esposto con continuità all’amianto senza dispositivi di protezione. Quasi dodici anni dopo, e a più di tre anni dalla sentenza di primo grado, i giudici della quarta sezione civile della Corte d’Appello hanno confermato - con la sentenza passata in giudicato - che il risarcimento dei danni alla moglie e alle due figlie di Dario Barzon, difese dall’avvocato Gianluca Gabriotti dello studio Agazzi-Caldera di Mestre, è in capo all’Autorità Portuale di Venezia che peraltro ha già liquidato le tre donne.
In primo grado era stata accertata la responsabilità dell’Autorità Portuale, tenuto conto che all’epoca dei fatti era il Provveditorato al Porto l’effettivo datore di lavoro - e quindi il responsabile delle norme antinfortunistiche e sulla sicurezza sul lavoro - anche dei soci della Compagnia Lavoratori Portuali di Venezia, cooperativa che forniva manodopera per le operazioni di sbarco, imbarco, trasbordo, deposito e trasporto delle merci.
Era stata l’Autorità Portuale a presentare ricorso contro il pronunciamento del tribunale del lavoro lagunare che aveva riconosciuto in capo all’ente il risarcimento ai parenti prossimi dell’operaio di Favaro morto a causa della forma di cancro legata all’esposizione all’amianto. L’Autorità Portuale ha presentato appello sulla base della carenza di legittimazione passiva, ovvero ritenendosi estranea al giudizio, indicando come soggetto obbligato a risarcire la “Terminal Rinfuse Italia spa”, oggi “Terminal Rinfuse Venezia spa”, in qualità di “successore” del Provveditorato al Porto. Una tesi, questa, non accolta dai giudici di secondo grado. «La Corte d’Appello ha chiarito che il risarcimento dei danni compete all’Autorità Portuale, essendo irrilevante il fatto che, a seguito dell’entrata in vigore della legge 84 del 1994 sul riordino della legislazione in materia portuale, le attività imprenditoriali siano state trasferite a società commerciali», chiarisce l’avvocato Gabriotti.
I giudici dell’appello, accogliendo l’istanza del Porto, hanno ridefinito il risarcimento a carico dei familiari di Barzon, riconoscendo a titolo definitivo 203.850 euro, oltre agli interessi, alla vedova dell’operaio portuale e 163.080 euro a ciascuna delle due figlie, per un totale di 530mila euro.
Rubina Bon
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