Ambulanti non alimentari «Per noi mercati vietati»

Noale, una trentina di operatori del commercio protestano nel parcheggio «Da mesi non riusciamo a lavorare, siamo l’ultima ruota del carro» 

/ NOALE

La protesta dei commercianti non alimentari inizia a crescere e farsi sentire nel Miranese. Dopo i quattro imprenditori dell’abbigliamento e della moda che nei giorni scorsi si sono fatti sentire, stavolta sono gli ambulanti a scendere in strada e ieri, una trentina associata alla Confcommercio si è presentata al parcheggio dei Mercati Nuovi di Noale una volta che i loro colleghi, quelli del settore cibo, hanno tolto le bancarelle. Chiedono al governo di poter riprendere a lavorare nelle piazze, di non essere esclusi perché ne va della loro sopravvivenza.

«I mercati non si toccano. Aprire subito», «Vogliamo risposte immediate», «Merce in magazzino invenduta», «Stiamo perdendo la nostra clientela», «Lo Stato non ci aiuta», «Nessun futuro per la categoria» sono tra i numerosi cartelli srotolati dagli ambulanti e che testimoniano un malessere sempre più crescente.

Tutte persone che da un anno a questa parte vanno avanti a singhiozzo, perché non solo la loro attività è stata esclusa dai mercati pur avendo osservato finora le stesse regole ma si trova a non poter lavorare quando i negozi che vendono gli stessi articoli possono rimanere aperti. Una storia rappresentativa è di Walter Sartore, gestore di un negozio a Caselle di Santa Maria di Sala e ma ha un banco ambulante di calzature nei mercati di Mirano, Noale, Salzano. Insomma, è il classico che ha una visione a 360 gradi del problema. «Chi si trova nella mia stessa situazione» dice «vive in un paradosso: poter aprire il negozio perché commercia scarpe per ragazzi, ma non può farlo, con gli stessi articoli, in un mercato. Ed essendo all’aperto, i rischi sanitari sono minori. Ma c’è un’altra stranezza: gli ultimi decreti impongono di vendere solo articoli per i bambini e ragazzi dagli 0 ai 16 anni e nel caso delle calzature capita, per esempio, che un adolescente abbia un 45 di piede. In pratica, la stessa scarpa, con lo stesso numero, può essere venduta a un giovane ma non a un adulto».

Intanto la merce resta invenduta, i clienti rischiano di andare altrove perché, si sa, soprattutto nei mercati se il consumatore non ti trova si sposta e non è detto che ritorni.

Pasquale Bettin è sempre stata una presenza fissa nei mercati di Mirano, Spinea e Noale e se la prende con chi ha deciso di tenere fuori i non alimentari. «Per noi» dice «il posto è un punto d’incontro con i clienti: se da anni frequento ogni lunedì la stessa piazza e per due o tre volte non mi presento, il cliente sceglierà altri venditori. Chi decide queste chiusure non capisce che un mercato di 200 banchi è a tutti gli effetti un centro commerciale, un servizio per la città. Se si fanno morire le bancarelle, muore il commercio e ne risentono anche i bar e i ristoranti attorno. Io e mia moglie siamo a casa, la merce è chiusa nel furgone nel periodo più importante dell’anno, perché una merceria ambulante lavora da marzo a dicembre».

A dare loro man forte ci pensa il presidente provinciale di Fiva-Confcommercio (Federazione italiana venditori ambulanti) Mirco Zanchetto. «La pandemia è gestita male dalla testa» attacca «e il governo pare non riuscire a prendere una direzione chiara. Gli ambulanti sono l’ultima ruota del carro ma non contano proprio poco. Nessuno chiede il "liberi tutti", ma neanche dare la colpa sempre a uno solo». Ma tutti chiedono di fare in fretta una cosa: lavorare. —

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