«Allora, mi fa una fatturina?» Incastrati dagli sms sui social

L’imprenditore Costa aveva invitato finanzieri alla sagra del pesce di Chioggia nel tentativo (fallito) di carpire informazioni sull’inchiesta nei suoi confronti
Gli imprenditori veneziani coinvolti nell'inchiesta sulla maxi-evasione, dall'alto in senso orario: Gianni Mingardo, Raffaele Costa, Massimo De Silvestro, Dario Dozzi, Ra Sfriso e Pietro Papes
Gli imprenditori veneziani coinvolti nell'inchiesta sulla maxi-evasione, dall'alto in senso orario: Gianni Mingardo, Raffaele Costa, Massimo De Silvestro, Dario Dozzi, Ra Sfriso e Pietro Papes

VENEZIA. «Allora, mi fai una fatturina?». Le intercettazioni telefoniche, i messaggi scambiato sul social network Telegram perché ritenuto più sicuro, le telecamere che riprendono le retrocessioni di denaro - Dozzi tiene le mazzette di denaro in una busta nera - e il tentativo (fallito) di Costa carpire, invitando alla sagra del pesce di Chioggia un paio di amici finanzieri, informazioni su una possibile inchiesta nei loro confronti. Hanno riempito cinque faldoni di documenti i finanzieri padovani per ricostruire il vortice di società fasulle, conti correnti d’appoggio affidati a prestanome e retrocessioni di denaro orchestrato per nascondere i soldi al fisco italiano e portarli all’estero.

Maxi truffa: ecco i cinque veneziani coinvolti
DE POLO - TOMMASELLA - PORTOGRUARO - ABITAZIONE DI DOZZI DARIO (è quella NON sulla strada, ma quella interna dove c'è la macchina)


La retrocessione. Tra i personaggi chiave il veneziano Dario Dozzi, titolare o rappresentate legale di società che hanno emesso fatture per operazioni inesistenti nei confronti della Mg Group, dal 2012 al 2018. E’ il 28 agosto dell’anno scorso quando una telecamere nascosta dagli investigatori dell’ufficio di Mingardi svela la retrocessione di denaro. Si legge nell’ordinanza di custodia cautelare che Mingardo entra in ufficio con Dozzi e i due si chiudono dentro. Dozzi apre una busta nera chiusa da una cerniera e poi da una cartellina trasparente tira fuori dei fogli».

Mingardo: «Quanti soldi avanzi tu?».

Dozzi: «5.750».

Mingardo: «Perfetto».

Dozzi: «Ma dal 13 luglio sono passati 45 giorni da questo giro qua, abbiamo fatto un giro solo in un mese e mezzo».

Mingardo: «Conforme».

Dozzi: «Questa volta non si puà sbagliare (gli indica delle cifre col dito sul foglio estratto dalla cartellina, ndr) perché sono sei bonifici tutti uguali da 7.500 tondi».

Mingardo: «Sì sì».

Dozzi: «Ti consiglio la Medi Service, due della Croazia, e quattro italiane altrimenti non ce la faccio a girarmi».

Dozzi suggerisce quindi di appoggiarsi su conti correnti diversi per gestire meglio, con piccole somme, il passaggio di denaro.

«con che ditte vuoi?»

L’8 ottobre Mingardo e Dozzi sono al telefono, e si capisce che Mingardo ha una certa fame di fatture.

Dozzi: «Sì ma te l’ho detto che con quell’altra ho un po’ di difficoltà...»

Mingardo: «E va bene ma dovevi farmi quelle vecchie ancora, altrimenti io non posso muovermi».

Dozzi: «Dimmelo...è da lunedì che ti chiamo ma non rispondi mai».

Mingardo: «E’ perché siamo stati incasinati».

Dozzi: «Cosa faccio allora? Dimmelo».

Mingardo: «Devi farmele».

Dozzi: «Ma quali? Con che ditte? Vuoi scrivermi dopo in Telegram?».

Ancora: a novembre Dozzi restituisce a Mingardo 49 mila euro in contanti a fronte delle false fatture emesse. Sette mazzette «fresche fresche di banca». Nelle carte della Finanza c’è Dozzi, ma anche gli altri veneziani come Sfriso, che si appoggia ad alcuni conti croati, Papes e De Silvestro. Tutti accusati di aver emesso fatture per operazioni inesistenti.

La cena di pesce. Nella seconda settimana dello scorso luglio il chioggiotto Raffaele Costa ha il sospetto che le loro operazioni possano essere controllate dalla guardia di finanza. Costa, sodale di Mingardo, «si attiva provando ad avvicinare due militari della guardia di finanza, in servizio al nucleo di polizia economica finanziaria di Padova», recita l’ordinanza, «al fine di cercare di ottenere informazioni in merito a qualche possibile procedimento penale aperto nei confronti suoi e dei suoi sodali». Per farlo invita un finanziere che conosce e alcuni suoi colleghi alla sagra del pesce di Chioggia. Poi il 19 luglio Mingardo chiama Costa e gli chiede: «E’ tutto ok?». Costa risponde che sembra che sia tutti ok e che «gli sembravano tranquilli». Senza sapere che erano proprio i finanzieri a tenere sotto controllo le loro telefonate. Per riempire i cinque faldoni. —


 

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