«Addio Gabriella, un simbolo della capacità di perdonare»

«Ora vogliamo crederti serena avvolta dall’amore del papà, grazie per averci messo al primo posto e per tutto quello che ci hai donato». Erano in tanti ieri mattina al funerale di Gabriella Magnani, vedova di Giuseppe Taliercio, ingegnere e direttore del Petrolchimico di Marghera sequestrato e ucciso dalle Brigate Rosse nel 1981.
La donna, diventata simbolo del perdono, si è spenta a 89 anni nella sua casa di via Milano, la stessa dove ha sempre abitato con il marito. A concelebrare con il parroco del Sacro Cuore, don Marino Gallina, c’erano diversi sacerdoti tra cui don Fausto Bonini e padre Francesco Ruffato.
Davanti al feretro coperto di fiori bianchi i figli Lucia Antonio e Cesare e i molti nipoti. In rappresentanza del sindaco l’assessore comunale Renato Boraso. E poi colleghi di Taliercio oggi anziani e rappresentanti di Azione Cattolica. Il sacerdote ha ricordato la vita della donna, attraversata dal dolore, dalla sofferenza ma anche dalla fede e dal perdono.
«La tua vita è stata segnata da grandi gioie e grandi sofferenze» ha detto dall’altare il figlio Cesare, «la più grande gioia era quella che ti legava al papà. Ricordo le serate a Mestre con te mamma, il papà e gli amici di sempre, una vita semplice fatta di umane sofferenze, sacrifici e soddisfazioni». Poi il ricordo indelebile. «Il giorno che hanno rapito papà eravamo insieme, da quel momento tu con una forza che ha sempre sorretto tutti noi ci hai fatto vivere quei giorni nel modo più sereno possibile infondendoci la speranza di un ritorno del papà e regalandoci la forza di non odiare e molto di più».
In chiesa anche il presidente di Marghera, Gianfranco Bettin: «Come già il marito, la signora Gabriella ha dimostrato, in quella prova tremenda, un vero e proprio martirio, una forza d’animo, una misura e un equilibrio ammirevoli, portando in una situazione di angoscia e di ferocia uno squarcio di civiltà e di umanità che ha illuminato quel tempo buio della città e del paese». La salma è stata poi trasportata nel cimitero di Turigliano, in provincia di Massa Carrara. —
M.A.
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