Accusati di pestaggio in carcere: «Lesioni alla milza da verificare»

Il caso a Santa Maria Maggiore. La difesa dei quattro agenti: il detenuto aveva avuto scontri con altri detenuti. Il sindacato: «Se hanno sbagliato pagheranno, ma è difficile gestire certi casi»

Giacomo Costa
Il carcere di Santa Maria Maggiore a Venezia
Il carcere di Santa Maria Maggiore a Venezia

«La rottura della milza è avvenuta in due passaggi, come è stato evidenziato nel parere medico di parte che abbiamo già depositato. Prima si è verificato un ingrossamento e un conseguente indebolimento della membrana protettiva, poi l’effettiva lacerazione. Il fatto è che la prima condizione può essere asintomatica e derivare anche da problemi molto diversi, come ad esempio una prolungata tossicodipendenza; la rottura, poi, può avvenire in seguito a traumi di ogni tipo, e la vittima in questione si era già reso protagonista di scontri con altri detenuti, di litigi con le guardie, anche di episodi di autolesionismo. Chiediamo, insomma, che un medico legale stabilisca oltre ogni ragionevole dubbio che è stato proprio quello che è accaduto il 19 febbraio 2024 a segnare la ferita fatale, in caso contrario i nostri assistiti non possono esserne ritenuti responsabili».

L’avvocato Mauro Serpico, difensore di uno degli agenti di polizia penitenziaria finiti sotto accusa per il suicidio di un carcerato 23enne, spiega passo passo quali siano i dubbi su cui intende insistere assieme ai colleghi Francesco Paolo Simone Policorvo e Martina Pinciroli.

La vicenda è quella su cui, lo scorso anno, avevano chiesto chiarimenti anche la responsabile della Giustizia del Pd, Debora Serracchiani, la sorella di Stefano Cucchi, Ilaria, e l’associazione per la tutela dei detenuti Antigone, anche costituitasi parte civile nella causa.

Un 23enne di origini rumene, residente a Mestre e incarcerato a Santa Maria Maggiore per una rapina a Spinea, si era tolto la vita dopo il trasferimento al Montorio di Verona; in mezzo, le accuse di lesioni e falso per quattro agenti e un medico. Secondo il racconto fornito dal giovane alla madre tutto sarebbe nato dalla richiesta di telefonare a casa, negatagli. A quel punto il ragazzo ha dato fuoco ad alcuni giornali in cella, è stato prelevato e accompagnato in un corridoio; le telecamere riprendono la scena e lo inquadrano mentre cerca di scappare dagli agenti, che lo afferrano e lo portano a forza dentro una stanza. Il detenuto prova a liberarsi e sferra un pugno. Poi fuori cala il silenzio. Dentro la stanza, invece, secondo le accuse del pm Andrea Petroni avviene il pestaggio che causerà la rottura della milza.

«Se gli agenti hanno sbagliato è giusto che paghino», premette il segretario regionale Uilpa Massimo Zanetti, «Senza voler giustificare nessuno e in attesa che la magistratura dia le giuste risposte, è giusto evidenziare come le carceri siano diventati ambienti troppo complessi, dove sono costretti a convivere individui dai profili estremamente problematici. Le guardie non sono sanitari, ma servirebbe personale specializzato per gestire soggetti psichiatrici. A questo si aggiungono turni massacranti dovuti alla carenza di personale e condizioni di lavoro non adeguate. Serve una riforma del sistema carcerario, che manca da vent’anni».

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