A processo per omicidio colposo

Fincantieri, 9 dirigenti di nuovo alla sbarra dopo il decesso nel 2008 dell’operaio Vincenzo Castellano
fotopaginone
fotopaginone

di Giorgio Cecchetti

VENEZIA

Il processo per l’incidente sul lavoro alla Fincantieri del 10 maggio 2002 si rifarà, nonostante ben nove dirigenti della grande azienda siano già stati condannati ognuno a due anni di reclusione. Quella sentenza, però , era stata emessa per l’accusa di lesioni gravi, visto che il 36enne operaio napoletano Vincenzo Castellano era ancora vivo, seppur in una sedia a rotelle, invalido al 100 per cento. Ben sei anni dopo l’incidente, Castellano morì e, ieri, quegli stessi dirigenti sono stati rinviati a giudizio per omicidio colposo: il processo si svolgerà davanti al giudice monocratico di Mestre il 20 aprile del prossimo anno, dopo che è stata annullata la sentenza di condanna per lesioni.

Il giudice dell’udienza preliminare Michele Medici ha rinviato a giudizio il direttore della Fincantieri di Marghera Carlo De Marco, il suo vice Stefano Varrocchi, tre responsabili di altrettanti reparti, Antonio Quintano, Pierpaolo Ciccarelli e Andrea Bonaldo, l’amministratore delegato e il dirigente della Meccanonavale di Monfalcone che aveva vinto l’appalto, rispettivamente Paolo Bussi e Lodovico De Zolt, infine i due dirigenti della Mci Montaggi di Napoli che stavano eseguendo in subappalto gli interventi e di cui Castellano era dipendente, Ciro Volpe e Carlo Crocco.

«Alla Fincantieri gli operai esterni sono niente _ aveva raccontato Pasquale, uno dei sei fratelli di Vincenzo, durante una delle udienza del processo per lesioni – Dopo l'incidente successo a mio fratello, nessuno dell'azienda ci ha fatto una telefonata, neanche per sapere come stava. Nei quattro mesi in cui è stato in coma all'ospedale di Mestre ci sono stati vicini solo i colleghi, che hanno anche fatto una colletta». Vincenzo era caduto dentro una condotta di aereazione, coperta da un telo ignifugo, mentre stava compiendo alcune saldature ed era precipitato per trenta metri finendo contro uno dei motori della nave. Un buco, fino a poco tempo prima protetto da un parapetto, di cui lui e colleghi non sapevano nulla. Venne ritrovato dopo un'ora e mezza di ricerche, vivo per miracolo. Alla fine del precedente processo c’erano stati anche i risarcimenti. Il giudice aveva riconosciuto un risarcimento di un milione 660 mila euro; 173 mila euro alla madre dell’operaio, 52.500 euro a testa per danni morali sono stati riconosciuti a ciascuno dei sei fratelli. Risarcite anche Fiom (15 mila euro) e Camera del Lavoro (5 mila) che si erano costituiti parte civile. «Per la prima volta è stata riconosciuta la responsabilità della Fincantieri anche nell'intermediazione di manodopera» aveva afferma to l'avvocato Daniela Boscolo Rizzo. «Sono stati riconosciuti infine _ aveva continuato il legale _ anche i limiti degli accertamenti effettuati dallo Spisal, che in un primo momento aveva escluso la Fincantieri dalle proprie indagini. Grazie invece all'indagine parallela della Fiom e alla correttezza del pm sono state chiarite tutte le responsabilità».

Si ridiscuterà tutto davanti al giudice di Mestre Barbara Lancieri il 20 aprile.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia