Un sorriso a canestro Si chiama baskin l’ultimo successo dello sport inclusivo

Un progetto accolto dal Mestre cinque anni fa Oltre 40 i ragazzi tesserati e un grande lavoro per 23 tutor

MESTRE

In sei anni il baskin a Mestre è passato da sogno a solida realtà, espandendosi anche a Venezia. Una attività cresciuta in seno al Basket Mestre, che ha offerto supporto, spazi e concretezza. Il baskin è una attività sportiva che si ispira alla pallacanestro ma che ha caratteristiche particolari e innovative. Dieci regole governano il gioco, per permettere a giovani normodotati e diversamente abili di essere compagni di squadra, siano essi maschi o femmine. Una attività che coinvolge giocatori con qualsiasi tipo di disabilità che permetta il tiro in un canestro. Si mette così in discussione la rigida struttura degli sport ufficiali e questa proposta, inserita nella scuola, diventa un laboratorio di società. Il baskin a Mestre muove i primi passi nel 2014-15, dopo essere nato a Cremona. Un lavoro frutto di tanti volontari, che a Mestre ha in Cinzia Perotti la responsabile, tra i fondatori assieme a Davide Toffanin, Cristina Santon e Alberto Gavagnin. Oggi si allenano e giocano trenta tesserati a Mestre e dieci a Venezia. I primi nelle palestre di via Calabria e via Volpi, gli altri a Cannaregio. A seguirli sono 23 tutor.

«Il baskin è inclusivo a tutti gli effetti» spiega Cinzia Perotti «i nostri tesserati si suddividono tra Under 14 e Over 14, ma alla fine può essere praticato dai 6-7 anni in su. Lo scopo è portare tutti i giocatori ad alzare la loro asticella, a misurarsi con sé stessi. Per noi, è più importante il progetto inclusivo, vedere i giovani divertirsi, piuttosto della coppa vinta». Fatto sta che lo scorso anno la squadra di baskin del Basket Mestre è giunta seconda in Veneto, perdendo la finale contro Padova per un punto. Ma è riconosciuta come una grande realtà, tra le più importanti nella nostra regione e in Italia, tanto da ricevere il premio fair play dal Panathlon. In Italia sono tremila i tesserati, e il Veneto è la seconda regione per numero di squadre. «Tutte le disabilità sono comprese in questa attività» prosegue la responsabile del baskin mestrino e veneziano. «I giocatori devono almeno poter muovere il polso, anche se il corpo è bloccato. Ora siamo un movimento importante, non a caso nel 2018 a Bassano è stato disputato il primo campionato Eurocup. La cosa più emozionante? L'atmosfera bellissima che si crea, ogni giocatore è inserito nel ruolo in cui sa dare il meglio di sé. È splendido non accorgersi della disabilità. Raccogliamo l’entusiasmo di chi per la prima volta gioca, tra partite ufficiali e amichevoli, entra nell’ambiente con il coinvolgimento delle famiglie, e le emozioni sono indescrivibili. Gli stessi genitori sono felici di ciò che avviene ai loro figli. Il sorriso degli atleti è quello che poi ci dà l’energia di andare avanti, il loro abbraccio non ha eguali».

Il lockdown per la pandemia è stato però un problema. «Questo periodo è stato tremendo, non potendo dar loro la possibilità di allenarsi. Per noi dirigenti e tutor non è solo basket e sport, ma c'è tanto lavoro dietro. Il confronto con gli assistenti sociali e tutto il resto, crea un mondo in più che ruota attorno a questi ragazzi, dalle famiglie ai professori che li seguono. Tutto per dare il meglio e metterli in condizione di avere un ambiente adeguato a loro e senza traumi. Oggi il baskin è riconosciuto dal Comitato italiano paralimpico, ed è stato creato l’Ente nazionale sport inclusivi. Un enorme passo avanti. La cosa più difficile? Il fatto di non sentirsi mai abbastanza adeguati nell’incontro con un mondo così complesso. Ci mettiamo il cuore, e una volta l’anno facciamo corsi di aggiornamento con psicologi e serate di approfondimento» conclude Cinzia Perotti, «dal punto di vista tecnico organizziamo noi stessi i corsi di formazione per i tutor: dal refertista, arbitro e allenatore. Il mio sogno è quello di dare la massima gratificazione a questi ragazzi a qualsiasi livello». —

Simone Bianchi

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