Omar Camporese dai tornei all’accademia «Covid, via da palestre si riscopre la racchetta»

/ MESTRE
Ex numero 18 del mondo Atp, azzurro di Coppa Davis, protagonista da giocatore sui campi del pianeta, Omar Camporese da alcuni anni è il responsabile tecnico del Green Garden, uno dei principali centri sportivi del Veneto. L’Accademia di tennis voluta dal presidente Fabio Sapori è nelle sue mani, e il lavoro ha fruttato molti risultati anche nell’ultimo anno, con la crescita dei giovani che è divenuta una solida realtà.
Il tennis veneto però fatica ancora a decollare?
«Dobbiamo calcolare che questa regione è ai vertici nazionali, dopo solo Lombardia, Emilia Romagna e Lazio», spiega Camporese, che in passato ha insegnato anche al Tc Padova. «Una regione importante dove si può fare molto di più. Ad esempio al Green Garden abbiamo puntato molto sulla programmazione e la specificità del lavoro, con un presidente che è un vulcano di idee. Ma per fare una attività di alto livello servono molti sacrifici, e molto pesa sulle famiglie e sulla volontà dei giovani tennisti. Dopo la terza media si vive di tennis per scalare le classifiche, e molte cose devono combaciare».
Il lockdown, quanto è pesato?
«Non è stato facile come passaggio, ma da maggio la gente è tornata in massa nei circoli, c’è voglia di tennis, e anche chi si era allontanato dalla racchetta l’ha riscoperta. Diciamo che anche noi abbiamo raccolto molti appassionati che non potevano andare magari in palestra o fare altre attività sportive, e nel tennis hanno trovato la soluzione».
Ad oggi il numero 1 del tennis veneto è Matteo Viola 33enne di Marghera e 224 del mondo, mentre tra le donne è notte fonda.
«Matteo fa il suo dovere, e se gioca ancora significa che se la sente e ha il fisico che lo sorregge», prosegue l’ex azzurro di Davis. «Però, se lui è ancora il numero 1 veneto a 33 anni, significa che dietro non c’è ricambio. Ai miei tempi c’erano Furlan e Mordegan, molte ragazze, ed è proprio mancato il ricambio generazionale. Del resto per emergere un ragazzo deve vivere di tennis tutto il giorno, si deve allenare 7-8 ore, e posso anche capire che non sia facile».
La pandemia ha pure bloccato le attività in termini di organizzazione di tornei d’alto livello. Come gli Atp Challenger come quelli di Mestre, Cortina o Vicenza.
«Questo è un altro problema non da poco», fa notare Camporese, «ma del resto il Covid ha allontanato gli sponsor dallo sport, e tutto è diventato più difficile. Poi, bisogna anche pensare che per organizzare tornei superiori ai Challenger, devi pure comperare la data dall’Atp, e sono decine di migliaia di euro. Alla fine i costi del torneo raddoppiano. Fabio Sapori organizzava qui al Green Garden il Venice Open, l’ho giocato pure io, e chissà che non gli torni la voglia di accettare una nuova sfida»
Che sensazione le dà vedere i Master senza pubblico?
«In questo momento vedere i tornei è una tristezza. Non ho infatti guardato in televisione gli Us Open. Vedere impianti del genere senza pubblico è brutto, un campione in campo ha poi bisogno di stimoli, e te li dà la gente, anche tifandoti contro. È surreale quello che sta succedendo. Fosse stato per me, non li avrei fatti neppure disputare, ma ci sono sponsor e interessi economici, e così hanno fatto. Sinceramente, non so neppure se sia bello poter dire di aver vinto un torneo in quelle condizioni, come è tristissimo il distacco sociale di questi tempi, dove tocchi le racchette a fine partita, senza neppure poterti stringere la mano. Non è il tennis che mi piace, e penso che in tanti abbiano la stessa sensazione». ––
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