Venticinque aprile: sentirsi tutti uguali
Il dono emozionante di questo giorno è che la Repubblica e la sua Costituzione, figlie della Resistenza, non consegnarono un montepremi ideale; estesero il beneficio a tutti. Senza eccezioni

Poiché oggi sembra che niente sia sicuro o scontato, vale la pena di proteggere i fondamentali; almeno quelli. Che cosa significa resistere? C’è un mondo, dentro questo verbo infinito. Dice il presidente Mattarella (Quirinale, cerimonia del 25 Aprile 2021): «Resistere significò combattere, rischiare di morire. Ma significò anche curare, accogliere perseguitati, testimoniare la propria umanità. Significò scrivere e parlare. Preparare con le idee nuove il tempo della libertà per tutti. Significò coraggio e speranza».
Quante idee e quante azioni, nel resistere. La data di oggi è il crinale del cammino italiano: dopo una lunga stagione di orrore, l’Italia tornò a essere una comunità civile, democratica e pacifica. Restituì a se stessa la forza di ogni presidio: politico, sociale, culturale. I diritti, la libertà di opinione, di voto, di associazione. Il valore della tolleranza, quello della convivenza, quello cruciale del lavoro. La scelta aperta di ripudiare il razzismo e le discriminazioni.
Il dono emozionante di questo giorno è che la Repubblica e la sua Costituzione, figlie della Resistenza, non consegnarono un montepremi ideale; estesero il beneficio a tutti. Senza eccezioni, come recita l’articolo 3 che abbiamo scelto di piazzare nella copertina di questo giornale. Nessuna eccezione. Riguardò chi prese parte al movimento di Liberazione, coinvolse chi lo sostenne; ma fu un patrimonio ideale disponibile anche per chi si sentì estraneo alla Liberazione. E persino per chi aveva deciso di combatterla.
C’è un giorno nel quale abbiamo sentito di essere tutti uguali. È questo giorno.
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia