Flash mob delle prostitute a Venezia: «Sex work is work»

Il 2 giugno ricorre la Giornata internazionale delle lavoratrici del sesso: dagli anni ‘60 le battaglie per la legalizzazione, ma il tema è divisivo. A che punto siamo

Maria Ducoli
Flash mob delle prostitute a Venezia
Flash mob delle prostitute a Venezia

La richiesta della legalizzazione della prostituzione torna a Venezia, palcoscenico di una mobilitazione nazionale. Gli ombrelli rossi simbolo dei diritti delle sex workers sono tornati davanti alla chiesa di San Simeon Piccolo, dopo i flash mob del 2001 e del 2021, per riportare al centro del discorso i diritti delle prostitute.

La battaglia è ormai storica, ed è iniziata nei primi anni ‘60, in seguito alla legge Merlin del 1958, che aveva abolito la regolamentazione della prostituzione, vietando anche il lavoro nei bordelli.

Da allora, le sex workers hanno iniziato a organizzarsi in veri e propri movimenti per reclamare i loro diritti, sottolineando come la legalizzazione potrebbe rendere più facile controllare la prostituzione, proteggere i lavoratori del sesso e ridurre il rischio di sfruttamento, ma anche la riduzione delle malattie sessualmente trasmissibili.

Le discussioni e gli esempi europei

Decenni di battaglie, hanno portato a pochi risultati in Italia dove la moralità e il culto cattolico sono preponderanti. La Commissione Affari Costituzionali, nel 2021, ha analizzato il fenomeno per giungere poi a conclusioni ancora più abolizioniste dell’attuale legge Merlin, decretando che la strada da percorrere potrebbe essere quella di “rinnovare” la legge del ‘58, guardando al modello svedese che criminalizza i clienti.

Tuttavia, la discussione stessa della Commissione è stata fortemente criticata dalle sex workers: non solo per la proposta finale, ma anche e soprattutto per aver invitato al tavolo preti, suore e femministe contrarie, non rispettando un equo bilanciamento di vedute.

In Europa, ad oggi, sono otto i Paesi nei quali la prostituzione è legalizzata e regolamentata: Germania, Paesi Bassi, Austria, Svizzera, Grecia (la legge risale al 1999), Ungheria, Lettonia e Belgio. Quest’ultimo ha riconosciuto il sex work nel dicembre del 2024: da allora le prostitute hanno indennità e diritti, come in qualsiasi altra professione.

«Credo che anche in Italia ci potremmo arrivare, prima o poi. È da 40 anni che ci battiamo», commenta Pia Covre, presidente del Comitato per i diritti civili delle prostitute, «si tratta di un tema divisivo, difficile da portare in Parlamento. La chiesa incide ma il Belgio non è meno cattolici non lo sono meno di noi».

Una parte di femminismo contrario

Quello della legalizzazione della prostituzione è un tema discusso anche negli ambienti più progressisti e all’interno del femminismo stesso ci sono divisioni al riguardo. Se, da una parte, c’è chi è favorevole, dall’altra non mancano le correnti che puntano il dito contro la «mercificazione del corpo delle donne e un testo inadatto alle esigenze delle prostitute migranti e delle vittime della tratta di esseri umani».

L’international Whores’ day

Il 2 giugno ricorre l’international Whores’ Day, la giornata internazionale delle lavoratrici del sesso, che ricorda la presa della chiesa di Saint-Nizier a Lione, avvenuta nel 1975, quando duecento prostitute in fuga dalle forze dell’ordine decisero di occuparla, chiedendo la fine delle persecuzioni da parte della polizia, del fisco e della società.

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