Turismo, in Veneto mancano 65 mila stagionali: «Non ci sono le professionalità»

Nei primi 5 mesi dell’anno sono stati 78 mila i lavoratori a tempo determinato. Il boom da giugno a settembre. «Si fatica a trovare personale competente»

Nicola Brillo
In Veneto mancano 65 mila lavoratori stagionali
In Veneto mancano 65 mila lavoratori stagionali

Nei primi cinque mesi del 2025 le assunzioni di stagionali in Veneto sono state circa 78mila, in linea con lo scorso anno. Di queste, in base ai dati Veneto Lavoro, 39 mila sono nei servizi turistici, sui livelli dello scorso anno.

La maggior parte delle richieste di lavoratori per l’intera stagione estiva si concentra in tre aree: la costa (23 mila), le città d’arte (22 mila) e il lago di Garda (13 mila).

Si preannuncia dunque una nuova estate all’insegna della ricerca disperata di lavoratori per il turismo regionale: serviranno oltre 65 mila lavoratori.

In Veneto gli stagionali arrivano da lontano: «Si spostano oltre i 50 km da casa»
Letizia Bertazzon è la coordinatrice dell’Osservatorio regionale Mercato del lavoro di Veneto Lavoro

Confindustria Veneto segnala un inizio di stagione positivo per le località balneari: giugno ha ampiamente recuperato maggio un po’ sottotono per il meteo e viaggia in crescita del 10% rispetto lo scorso anno.

Vanno meglio le strutture dove si è investito per far crescere servizi e qualità del soggiorno.

Venezia registra invece numeri in calo, a seguito dell’anno “senza” Biennale e meno turismo Usa.

Le terme sono infine in leggera ripresa, ma serve un riposizionamento delle strutture, per far fronte anche al calo dei pernottamenti (in media di 3,3 giorni).

«Si pongono due problematiche per attrarre gli stagionali, lavoratori giovani e adulti hanno esigenze diverse – dichiara Mauro Rosatti, delegato al Turismo di Confindustria Veneto –. Bene ha fatto il governo con il decreto sulle “staff house”: le residenze per i lavoratori sono essenziali per attrarre professionalità e aprirci anche all’internazionalizzazione, quanto mai necessaria per i nostri servizi. I lavoratori con esperienza hanno bisogno di spazi adeguati. Con i giovani dobbiamo invece imparare a dialogare meglio, creando ambienti dove viene premiato il merito.

Altro tema è quello delle retribuzioni: capita sempre più spesso che i lavoratori cambino posto di lavoro anche durante una stagione».

I contratti stagionali sono una particolare forma di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, utilizzati per lo svolgimento di attività produttive che si ripetono ciclicamente in determinati periodi dell’anno, in settori caratterizzati da picchi di lavoro, come turismo, agricoltura, ristorazione e commercio fino alle industrie dell’agroalimentare.

Alvise Canniello, direttore di Confesercenti Venezia-Rovigo, che rappresenta oltre 2000 attività da Bibione a Porto Tolle, da piccole realtà familiari ad aziende con centinaia di dipendenti: «La stagione è partita molto bene e sta proseguendo sui livelli alti dello scorso anno, ciò comporta una grande richiesta di manodopera per il mondo ricettivo e ristorativo». «Mancano però professionalità da inserire negli organici e difficoltà anche nella formazione – aggiunge Canniello –. Alcuni nostri associati sono stati costretti a rivolgersi a ex dipendenti in pensione e con regolare contratto far fronte ai picchi. Bisogna continuare a lavorare con la formazione e stringendo sempre più collaborazioni con le scuole alberghiere.

Occorre poi mettere in atto, dove possibile, una diversa organizzazione del lavoro. Poi bisogna agire a livello culturale, dando riconoscibilità sociale al lavoro stagionale: non si tratta di “lavoretti”, ma lavoro professionale che richiede una formazione adeguata».

I profili più diffusi sono quelli dei camerieri (28,9%) e del personale che risulta inquadrato come non qualificato (21,6%).

Mentre nelle Dolomiti e nell’Altopiano di Asiago la percentuale di camerieri è maggioritaria e supera il 40%, nelle altre aree emergono specializzazioni differenti.

Nelle Colline del Prosecco, ad esempio, risultano essere molto frequenti le assunzioni di baristi e addetti alla ristorazione (26% contro il 13,8% del totale) e di cuochi (17,5% contro 12, 7%). Nelle città d’arte la domanda di lavoro è elevata per i professionisti del benessere e dell’intrattenimento (8, 8% contro 4, 7% del totale), mentre nell’area delle Terme euganee interessano in modo rilevante i tecnici (quali massaggiatori e bagnini) e il personale qualificato (17,1% contro 9,4%).

«Nel settore del turismo sono numerose le mansioni e sono comprese dalle catene alberghiere internazionali alle piccole attività a gestione familiare – spiega Cecilia de’ Pantz, segretaria generale Filcams-Cgil Veneto –. Spesso lavorare come stagionale significa instabilità continua: una vita spezzata a metà, si dipende dai genitori, non si può accedere ad un mutuo.

L’instabilità si batte andando verso un modello che superi la stagionalità, con contratti adeguati a tempo indeterminato.

L’equilibrio tra vita privata e lavoro è oggi fondamentale, non ci sono più lavoratori disponibili a fare a 50-60 ore settimanali. Una delle cose più gravi è che sempre più giovani preferiscono andare a fare i camerieri all’estero. Gli altri stati investono sui giovani, che stanno abbandonando questo lavoro, bisogna valorizzarli».

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