Tende e rifiuti come a Tor di Quinto
A Marghera come a Tor di Quinto: stranieri ammassati nelle tende, borseggiatori, lucciole, accattoni. A due passi dalla linea ferroviaria Mestre-Venezia, ricoveri di fortuna per borseggiatori, lucciole e accattoni, tutti dell’Est. Condizioni di vita choccanti. In piena emergenza sicurezza lo spettro di una baraccopoli fuori da ogni controllo simile a quella di Roma

Un'immagine dell'accampamento
MESTRE.
Il campo si riempie all’imbrunire. Si riempie di odori che portano a un lontano passato di miseria: fumo, lezzo di escrementi, di persone che non si lavano e di rifiuti che si decompongono. Il campo si riempie di disperati, di miserabili che fino a qualche ora prima hanno chiesto l’elemosina in centro storico, hanno borseggiato sui vaporetti o magari hanno preso dagli scaffali del supermercato bottiglie di alcolici e roba da mangiare. Qualcuno è già sotto i teli, le baracche di rami e e nylon, stordito dall’alcol, dal vino che ha iniziato a bere al mattino a colazione. Benvenuti nella baraccopoli romena in riva al Canal Salso, a trecento metri dalla stazione di Marghera e a due passi dai binari della linea ferroviaria che collega Mestre al centro storico. Qui come a Tor di Quinto a Roma. Mentre alcuni arrivano qualcuna se ne va. Sono ragazze che si vendono lungo via Fratelli Bandiera, sono bulgare di passaggio. Ragazze che hanno trovato un punto di sostegno in attesa che il pappone bulgaro e legato ai rom le sistemi in qualche alloggio.
Sporcizia.
Sono una settantina le persone che da qualche mese vivono in questo girone dantesco di odori e sporcizia. Sono soprattutto romeni di etnia rom. Provengono in gran parte dal sud della Romania. Da villagi, dicono, dove la miseria puzza ancora più di qua. Ci sono ragazzini, uomini e donne. L’età, a volte, è indefinibile. Sono giovani sul documento e vecchi nell’aspetto. Barbe lunghe, stracci sulle spalle e gonne nere fanno il resto. E poi l’alcol che li brucia. Annebbia gli occhi e la mente, fa loro recitare un ruolo da sgangherato teatrante in onore del visitatore. Questi immancabilmente scambiato per «tu polizia, tu polizia. Niente problema». Mentre il fumo riempie l’aria attorno alla quarantina di baracche, l’altra città continua a correre sugli Eurostar, sui Regionali che vanno verso Venezia e che tornano dalla laguna. E più in là, oltre la strada i fischi delle sirene di Porto Marghera raccontano di un’altra vita. Ma all’imbrunire arrivano anche i capi, quelli che intascano il denaro raccolto con ore di accattonaggio dai disperati. Allora l’ospite diventa indesiderato e il «via-via», sostituisce la litania del «niente problema, niente problema». I bambini e i ragazzini che prima guardavano incuriositi l’ospite, cominciano a tirargli la giacca, si appendono allo zainetto e diventano insolenti. Allora a ritroso si risale il sentiero che porta nel villaggio-discarica. Una traccia tra ontani, salici, alberi delle farfalle, pioppi e minato da escrementi, pezzi di carta, resti di rapporti sessuali consumati a cielo aperto. E un destreggiarsi tra pezzi di ferro messi su piccoli falò per cucinare la carne e scaldare il caffè. Poi ecco la linea ferroviaria segna la riemersione. Trecento metri, sfiorati dai treni che creano vortici di aria. Qui è l’odore dell’orina a riempire l’aria.
Ubriachi. La notte assorbe la barracopoli e la fa sparire. Solo un filo di fumo ricorda il villaggio-discarica e i sui fantasmi. Qualcuno rientra tardi nel rifugio. E’ ubriaco, arriva da via della Libertà. Entra sulla massicciata della ferrovia da un buco della recinzione che separa la strada dai binari e li attraversa. Trova l’inizio del sentiero e si butta dentro. Viene inghiottito dal buio.
Al mattino il campo si anima lentamente. Già alle 8 i primi se ne vanno. Molti attraversano i binari e raggiungono via della Libertà. Salgono sui pullman verso piazzale Roma. Altri si dirigono alla stazione di Marghera. Qualche donna va a prendere un po’ d’acqua potabile nel vicino cantiere nautico dello «Scafo Club». Un’ora dopo a presidiare la barracopoli e i suoi rifiuti sono rimasti una donna e un uomo dell’età indefinita. Lui dorme nella prima baracca che s’incontra entrando. E’ appisolato, un braccio sotto la testa, mentre la mano dell’altro stringe una bottiglia. La donna è a guardia di un paiolo dove ha messo a bollire pezzi di carne e pollo.
Topi a colazione
. Poco più in là, nella discarica che hanno realizzato sotto a degli alberi, stanno facendo colazione dei topi. Per il resto il resto il campo è vuoto. Disseminati tra carte, bottiglie fornelli e teiere, ci sono manciate di spiccioli da dieci e venti cent. La donna saluta, l’uomo pronuncia frasi senza senso e impreca. Vuole mandare via l’ospite. E nuovamente l’ospite viene scambiato per «tu polizia, tu polizia». A malapena si avvicina. Puzza di alcol. Ha la bottiglia in mano e un crocefisso appeso al collo. Mostra una carta d’identità. La donna dice di chiamarsi Maria, di essere romena, di avere quattro figli ma in Romania, dove adesso manda i soldi. L’uomo si calma solo quando nella sua mano cadono cinquanta cent, lascia anche la bottiglia per questo. Si lamenta, vuole un euro. E lei lo fa star zitto perchè nelle sue mani sono finiti due euro. Poi l’odore e il fumo seguono l’ospite quando riemerge dal villaggio-spazzatura.
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