Stefani “pigliatutto” cerca di riunire la Lega, Pretto verso il posto di Bitonci a Roma
La strategia del neo presidente della Regione tra congresso ed elezioni suppletive dei seggi vacanti a Montecitorio

Presidente del Veneto, vice di Matteo Salvini, segretario in prorogatio della Leon. A dispetto di una somma di poteri senza precedenti, Alberto Stefani sembra perseguire una strategia “anestetizzante” nel partito e nelle istituzioni. Spalleggiato dall’influente Massimo Bitonci, che ha abdicato alla poltrona di deputato e sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy per approdare a Palazzo Balbi in veste di assessore allo Sviluppo economico, il giovane leghista agisce in realtà su più versanti, alternando il bastone alla carota.
Punto di partenza, la radicale discontinuità nel nuovo esecutivo regionale, con i veterani dell’età zaiana esclusi per vincolo di mandati (Roberto Marcato, Manuela Lanzarin, Cristiano Corazzari), relegati a ruoli comprimari (il consigliere delegato Elisa De Berti) o emarginati tout court (Francesco Calzavara, unico assessore uscente reiterabile) in favore di un triade inedita, “illuminata” dalla stella della cardiochirurgia Gino Gerosa, investito della delega alla Sanità.
Alla vecchia guardia, in verità, è riservata la presidenza “consolatoria” di tre commissioni, un gesto apprezzato dal mentore Luca Zaia che non altera però la rimozione dell’ingombrante eredità politica né l’irrituale baricentro della Giunta, caratterizzata dallo strapotere padovano e dall’assenza dei rappresentanti di Venezia, pure reduci da un brillante exploit elettorale.
Dal Canal Grande alla Capitale, dove incombe la successione all’incarico romano di Bitonci. Che i pronostici della vigilia accreditavano a Mara Bizzotto, senatrice con tre legislature europee alle spalle. Che nella realtà potrebbe premiare il parlamentare vicentino Erik Pretto, un “dissidente” potenziale runner alla leadership congressuale: cooptarlo nel blocco governativo – è il calcolo – contribuirebbe a smussarne la vis polemica, magari in vista di una candidatura condivisa e “indolore” .
La fedelissima Bizzotto? Strapperebbe un “risarcimento” tutt’altro che disprezzabile: la presidenza della Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale (fin qui detenuta dallo stesso Stefani) della quale è già componente.
Partito e congresso, già. Il 2 ottobre, all’atto di candidarsi a Palazzo Balbi, il nuovo presidente rassegnava le dimissioni dalla segreteria leghista, affidando a Nicola Finco, il sindaco di Bassano del Grappa, il compito di coordinare la campagna elettorale.
Una rinuncia formale, accompagnata dall’immediata proroga dell’incarico, destinata – si apprende – a prolungarsi fino a primavera. Lo statuto di via Bellerio, in proposito, prevede la nomina di un commissario e in pole figura il citato Finco che gode il favore di Lorenzo Fontana (il presidente della Camera, compagno di lotta nei Giovani Padani) e sconta una reputazione discretamente divisiva; salvo sorprese, sarà lui a reggere il timone nella fase commissariale ma difficilmente andrà oltre: l’identikit del futuro segretario – avverte l’Alberto-pigliatutto, deciso a frenare l’irruenza dei pretoriani – esige un appeal unitario.
Tant’è: il fatidico congresso è atteso a settembre e già scalpitano i trevigiani Riccardo Barbisan, neo capogruppo in consiglio regionale, e Mario Conte, il sindaco del capoluogo della Marca. Ben più ravvicinate (si voterà tra febbraio e marzo) le elezioni suppletive destinate a riassegnare i seggi vacanti a Montecitorio dopo il congedo di Stefani e Bitonci. Al riguardo, il collegio di Selvazzano-Alta Padovana fa gola ai sindaci Luca Pierobon (Cittadella) e Daniele Canella (San Giorgio delle Pertiche), ai delusi Giuseppe Pan e Giulio Centenaro, al responsabile organizzativo Giuseppe Paolin.
Quello di Rovigo, invece, sarebbe riservato ai polesani – leggi Laura Cestari, la prima dei non eletti – sempre che i caporioni di via Bellerio non catapultino il tesoriere del partito, Alberto Di Rubba, così da garantirgli l’immunità sul fronte giudiziario.
Che altro? L’avvio del casting utile a selezionare gli eredi virtuali dei sindaci migrati in laguna da Monselice (Giorgia Bedin), Ponte di Piave (Paola Roma), Arzignano (Alessia Bevilacqua), Soave (Matteo Pressi) e dagli altri municipi in ballo. Buio fitto sul dossier Venezia in attesa delle decisioni di Zaia. Ma questa, è un’altra storia.
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