Serenissima, Astaldi prende il 4,75%

La quota del Comune di Milano comprata per 51 milioni. «È solo un primo passo»
SOCI DI SERENISSIMA Dall’alto Rino Mario Gambari e Paolo Astaldi
SOCI DI SERENISSIMA Dall’alto Rino Mario Gambari e Paolo Astaldi
 VERONA.
Le grandi manovre per la privatizzazione di Autostrada Brescia-Padova entrano nel vivo. Mentre Rino Mario Gambari, principale socio privato della concessionaria, sta ultimando la trattativa con Intesa Sanpaolo (o meglio con Biis), il gruppo Astaldi (uno dei più importanti nel settore delle costruzioni, 1,8 miliardi di ricavi nel 2009) mette un piede nella compagine azionaria rilevando il 4,75% messo in vendita dal Comune di Milano. Un ingresso fortemente voluto, visto che Astaldi ha messo sul piatto un'offerta da 51 milioni che ha sbaragliato quella da 35,6 milioni della F2i di Vito Gamberale.  Nonostante le ultime perizie sul valore della concessionaria abbiano rivisto le stime al ribasso, Astaldi ha convinto l'amministrazione di Letizia Moratti valorizzando il 100% della società a oltre un miliardo. Questo quando, come detto, perizie recenti parlavano di un valore tra 720 e 860 milioni. E senza considerare che giovedì scorso, in sede di Conferenza Stato Regioni, l'unica opera veneta a essere "bocciata" (per l'opposizione della Provincia di Trento) è stata la Valdastico Nord. Ovvero l'infrastruttura che regge la proroga della concessione della Serenissima al 2026. Senza progettazione esecutiva entro il 2103 - dice il contratto approvato dall'Anas ma che non ha ancora il disco verde del Cipe - Autostrada Brescia-Padova dovrà dire addio a proroga e alla concessione.  L'acquisto del 4,75% della Serenissima è per Astaldi solo un «primo passo» nell'ottica di un piano industriale di lungo termine. È stato l'amministratore delegato della società di costruzioni, Stefano Cerri, a svelare i piani del gruppo. Il quale ha anche precisato che non teme di pagare troppo la quota messa in vendita dal Comune di Milano (Astaldi ha posto sul piatto 51 milioni, contro i 36 milioni offerti da F2i), dicendosi «non preoccupato» dall'impatto dell'operazione sull'indebitamento della società. «Da tempo studiavamo questo asset. I conti ce li siamo fatti bene. Noi - ha spiegato Cerri - non abbiamo assegnato alla quota un puro valore finanziario. Se vediamo il valore attualizzato del Dcf (Discounted cash flow, ndr), è vero che è di poco inferiore alla nostra offerta. Ma nella nostra offerta è implicito un valore strategico in un piano di lungo termine. Non siamo interessati a lucrare sul rendimento finanziario dell'investimento».  Quanto all'indebitamento, Cerri sottolinea che dai circa 516 milioni di indebitamento lordo del gruppo vanno detratti oltre 100 milioni di investimenti in concessioni che sono «tutti autoliquidanti tanto che sono stati allocati in bilancio come credito finanziario e non come immobilizzazioni in corso». L'amministratore delegato del gruppo ha quindi conferma il target di fine anno di un indebitamento in discesa sotto ai 470 milioni. «Probabilmente faremo anche meglio».  Nel frattempo i singoli soci pubblici stanno approvando le modifiche allo statuto della società in vista dell'assemblea del 19 novembre. Modifiche che ruotano intorno alla costituzione di una holding nella quale confluiranno le partecipazioni dei pubblici. Di tale holding, dice lo statuto, è possibile la cessione a privati solo fino a quota 33%. Pare alle ultime battute, infine, il passaggio del controllo del 25,8% di Serenissima oggi nelle mani, almeno formalmente, di Gambari alla Biis di Intesa Sanpaolo. (m.mar.)

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