Salute, sfiorata un'altra Fenice "Grazie Madonna, è andata bene"
Seminario a fuoco, il sindaco Orsoni non esclude alcuna pista e annuncia di attivarsi con il governo per recuperare soldi per il restauro. Intanto la procura ha aperto un fascicolo d'inchiesta sull'incendio. Apprensione per un dipinto di Tiziano, "Davide e Golia", bagnato durante l'intervento per lo spegnimento del rogo

"Davide e Golia" di Tiziano
VENEZIA. L’ombra del dolo sull’incendio della Salute. E’ prudente il sindaco Giorgio Orsoni. Ma le sue parole sono chiare: «Lasciamo lavorare i magistrati. Certo che da un mese i lavori erano fermi, la pioggia ci fa escludere un ambiente surriscaldato». Il giorno dopo ci si interroga sulle cause del rogo che ha lambito il tempio votivo della Salute, provocando danni seri alla sacrestia e alle tele.
Fiamme altissime, domate in tempo di record dai vigili del fuoco, accorsi subito e in forze. Un fumo nero, che verso mezzanotte ha invaso tutta la città con un odore acre di bruciato. La memoria che ritorna alla tragica notte della Fenice, il teatro distrutto dalle fiamme dolose e ridotto in cenere. La paura. Stavolta il vento non c’è, il focolaio è uno solo. E le bocchette antincendio funzionano. I pompieri riescono ad avere ragione del fuoco che brucia soltanto una parte del sottotetto. L’acqua (dolce, per fortuna) danneggia in parte la tela di Tiziano «Davide e Golia» e gli arredi della sacrestia.
«Ringraziamo Dio, anzi la Madonna», dice il sindaco, finalmente rilassato dopo una notte di paura, «alla fine ci è andata anche bene». La Madonna della Salute ha salvato la città ancora una volta, i veneziani tirano un sospiro di sollievo. Orsoni era a casa con i figli a festeggiare il suo 64esimo compleanno, quando lo hanno avvisato delle fiamme. «Sembrava davvero grave, dicevano che stava bruciando la chiesa della Salute», racconta, «un brivido mi è corso per la schiena, pensando alla Fenice, allo Stucky. Siamo corsi subito lì, con il patriarca e il soprintendente Sgarbi. Il grande lavoro dei pompieri ha avuto la meglio e ho potuto tornare a letto tranquillo».
Le fiamme si sono sviluppate intorno alle 10, dal sottotetto della Biblioteca, l’edificio che collega il seminario patriarcale alla sacrestia della Salute. Lingue di fuoco visibili fin dalla terraferma. «L’impressione è che fossero alimentate da qualcosa», dice Giampietro Zucchetta, chimico e perito di molti incendi che abita nella zona, «solventi o cos’altro. Erano troppo alte».
Cosa può aver provocato l’incendio? Si esclude l’autocombustione, ma non il dolo. E nemmeno un cortocircuito o la solita «guaina» surriscaldata per l’isolamento del tetto. Anche se di recente la Soprintendenza ha dato disposizioni molto rigide per quel tipo di lavori. Niente cannello del gas ma fissatura «a freddo» per evitare incidenti, troppi negli ultimi anni. Le indicazioni saranno state rispettate?
Tutte ipotesi che Orsoni valuta con prudenza. «Sono in contatto con la magistratura, sappiamo che c’è stato un unico innesco», scandisce, «da quello che si è potuto capire si sa che le fiamme sono partite dal sottotetto dell’edificio che collega la basilica con il seminario. E che grazie al tempestivo intervento dei pompieri abbiamo evitato il crollo della struttura». Le travi insomma hanno resistito, si è arrivati al momento giusto. Merito dei vigili del fuoco, e anche di una rete antincendio che in quell’area ha funzionato bene. Acqua dolce sui muri e sui quadri. Con l’acqua della lagunma, come si faceva fino a pochi anni fa, sarebbe stato un disastro, perché l’acqua è colata dal soffitto della sacrestia bagnando le tele di Tiziano e i preziosi arredi di quella che è meta tradizionale di fedeli veneziani il 21 nobvembre, giorno della Madonna della Salute.
La rete antincendio è finita solo per il 70 per cento. per completarla mancano 16 milioni di euro. Ma i fondi della Legge Speciale sono finiti. «Questa è la vera emergenza», dice Orsoni, «completare la rete per mettere al sicuro la città. Non si può pensare che non siano questi i temi della nuova Legge Speciale». Si parla di nuovi testi, ma di fondi niente. «Andrò a Roma dal sottosegretario Gianni Letta a chiedere che ci convochino, che si riunisca il Comitatone. Farò la pittima, come si dice a Venezia, ma qualcosa deve succedere».
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