Palude Venezia: Boraso verso il processo immediato, Brugnaro non si fa interrogare
La Procura sta chiudendo l’indagine e vuole serrare i tempi del giudizio per gli indagati sottoposti ad arresti domiciliari
L’inchiesta “Palude” si potrebbe presto dividere in due tronconi processuali.
Da una parte, la Procura si sta orientando per chiedere il processo con rito immediato per gli indagati che sono sottoposti agli arresti domiciliari: l’ex assessore Renato Boraso su tutti, con i 12 capi di incolpazione per corruzione e turbativa d’asta che gli contestano i pubblici ministeri Federica Baccaglini e Roberto Terzo. Una scelta dettata dalla volontà di giungere al giudizio senza rischiare di far scadere le misure cautelari, che hanno come data di termine il 15 gennaio.
Rito immediato per Boraso
Con il rito immediato - che solitamente la Procura sceglie quando ritiene di avere frecce nel suo arco sufficienti a dimostrare le accuse - si salta l’udienza preliminare, a condizione che non siano gli avvocati difensori a chiederla. In ogni caso, lascia la strada aperta a richiesta di patteggiamenti o processi con rito abbreviato, con relativi sconti di pena.
Agli arresti domiciliari sono rimasti l’ex assessore Renato Boraso (accusato di aver messo al servizio di imprenditori amici o compiacenti i suoi poteri di pubblico amministratore, facendo pressione sugli uffici e sulle aziende pubbliche per ottenere autorizzazioni edilizie e appalti in cambio di tangenti), l’imprenditore Fabrizio Ormenese (amico di una vita di Boraso, che avrebbe avuto - sempre secondo l’accusa - anche la funzione di mediatore per metterlo in contatto con imprenditori in cerca di favori da retribuire), gli imprenditori Francesco Gislon (la figlia Carlotta è tornata libera martedì) e Daniele Brichese. Altri 5 sono tornati liberi o sottoposti a misure minori.
I domiciliari dell’ex assessore
Diversamente da quanto fatto per l’imprenditore Marco Rossini (ora libero, ma sulla cui posizione deve decidere la Cassazione), la Procura non è intenzionata a ricorrere contro la scarcerazione dell’ex assessore al Patrimonio e alla Mobilità Boraso, da lunedì sera agli arresti domiciliari. La Procura si era opposta alla scarcerazione, sostenendo che nonostante i cinque giorni di interrogatorio, abbia risposto solo su parte delle contestazioni e non su tutte. Per il gip Scaramuzza - he pure riconosce questo aspetto - il contributo dell’ex assessore in 40 ore di interrogatorio c’è comunque stato.
Per gli altri indagati (poco più di una ventina) che non sono sottoposti a misure cautelari, la Procura ha scelto di proseguire per la via ordinaria, ovvero di passare per l’udienza preliminare, avendo più tempo per preparare gli atti necessari. I tempi saranno certamente più lunghi.
Tra questi, anche il sindaco Luigi Brugnaro, sempre che la Procura decida di mantenere in piedi l’accusa che lo vede indagato di concorso in corruzione per la tentata vendita dell’area privata dei “Pili” (di proprietà di una sua società, porta di Venezia, ora in blind trust, per la Procura ben poco “cieco”) al magnate immobiliarista di Singapore Chiat Kwong Ching, la cui società è quotata alla Borsa di Singapore. Per quest’ultimo i suoi legali - studio Simonetti - hanno già in estate avanzato richiesta di archiviazione.
Legata a questo specifico capo di imputazione, c’è l’accusa mossa a Boraso di aver incassato dagli uomini in Italia di Kwong una tangente di 73 mila euro in due trance, per favorire - è sempre l’accusa mossa, non una verità conclamata da sentenze - l’acquisto a presso scontato di palazzo Poerio Papadopoli, ex sede della Polizia Locale, già tra i beni alienabili con la giunta Orsoni, la cui stima di vendita (dopo aste andate a vuoto) è scesa da 14 a 13,8 milioni (sul caso anche la Procura dalla Corte dei conti ha aperto una inchiesta).
Il sindaco
Per oggi, i pm Terzo e Baccaglini avevano “invitato” il sindaco Brugnaro per un interrogatorio, proprio in merito alla vicenda del tentativo di vendita dei Pili a Kwong. Detto che tutti negano di aver fatto alcunché di illegale, l’avvocato difensore Alessandro Rampinelli ha consigliato Brugnaro (informandone già i pm) di avvalersi della facoltà di non rispondere, non avendo ancora avuto accesso a tutti gli atti. Se la Procura manterrà le accuse con il 415 bis, in quella sede renderà interrogatorio.
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