Omicidio Montanari, 42 anni dopo caso riaperto: parlano la vedova e la criminologa Delfino Pesce

Si sono viste per la prima volta e strette in un abbraccio la mattina di sabato 7 ottobre: dopo mesi di videochat, racconti, scambio di documenti, telefonate.La genetista forense e criminologa Antonella Delfino Pesce - docente all’Università di Bari, appassionata di “cold case” – spiega in questo video come con le sue ricerche tra i fascicoli del caso, la lettura e rilettura di migliaia di pagine di atti, analisi balistiche, referti di autopsia, sia riuscita a trovare i due indizi che hanno permesso alla Procura di Modena di riavviare le indagini sull’omicidio del medico veneziano Giorgio Montanari, il ginecologo ucciso con due colpi di pistola nel 1981. Dopo aver seguito piste passionali, ipotesi di killer di mafia pagati da colleghi invidiosi, la strada politica di chi osteggiava l’impegno del medico a favore della libera scelta dell’aborto da parte delle donne, le indagini si sono bloccate. Ora, grazie agli spunti investigativi trovati da Delfino Pesce, il fascicolo sul delitto è stato  tolto dagli scaffali dell’Ufficio Delitti Irrisolti ed è tornato un’inchiesta attiva, con l’iscrizione nel registro degli indagati di una persona sinora mai sospettata: un uomo ormai anziano, che nei giorni precedenti l’omicidio era diventato padre di un bimbo che aveva subito danni da parto tali da renderlo invalido. Un parto al quale il dottor Montanari non era presente. Secondo l’ipotesi sulla quale ora si indaga, nella mente del padre sarebbero stati  responsabili il dottor Montanari e il suo staff. Una rabbia che l’avrebbe  portato a sparare e uccidere.
Nel video la criminologa è insieme ad Anna Ponte, la vedova 93enne di Giorgio Montanari e che in questi 42 anni ha sempre cercato caparbiamente la verità: “Io ho sempre pensato che fosse rimasto vittima del rancore di alcuni colleghi: quella clinica era un covo di vipere e Giorgio era ostracizztao per le sue posizioni a favore dell’aborto. Aveva ricevuto anche proiettili in una busta. Adesso scopro che la verità è un’altra: ringrazio infinitamente Antonella che è un genio, ha fatto una magia e ha scoperto quello che nessuno aveva sinora visto. L’importante è che emerga la verità: lo devo anche a nostra figlia, che purtroppo ho perso nel 2016, e che sempre mi diceva: “Mamma, l’importante è che papà abbia giustizia”.
La storia di un incontro tra donne, reso possibile grazie anche al ruolo determinante della videoartista Elisabetta Di Sopra e dell’avvocata veneziana Agnese Sbraccia. Videointervista di Roberta De Rossi 

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