Omar, studente di Ca’ Foscari, e l’identità Alias nella transizione da donna a uomo
Il ragazzo ha iniziato a farsi chiamare con un nome maschile a Venezia.
«Già il passaggio è difficile, qui ho trovato persone che mi hanno aiutato»

Ha iniziato a farsi chiamare con un nome maschile proprio a Venezia, città dove si è sentito accolto. Per la prima volta dopo anni di timore, Oscar ha deciso di affrontare questa nuova parte della sua vita, ovvero gli anni universitari, con il nome che rispecchia la sua identità di genere e non quella fisica.
Lo ha fatto anche perché l’università Ca’ Foscari prevede la cosiddetta carriera Alias che, come riporta nel sito l’ateneo, «consiste nell'assegnazione di un'identità provvisoria, transitoria e non consolidabile». In pratica, chiunque sia intenzionato a intraprendere un percorso di transizione può chiedere di farsi chiamare non con il nome segnato all’anagrafe, ma con quello della sua identità di genere.
Nel caso di Oscar la transizione è da donna a uomo, quindi la richiesta è che si utilizzi un nome maschile. In questo modo l’università «anticipa i provvedimenti necessari al termine del procedimento di transizione di genere» rilasciando il tesserino universitario, da usare solo nell’ateneo, con il nome richiesto. Quando però Oscar ha iniziato a preparare la documentazione si è reso conto di quanto fossero invasive le carte richieste.
«Nelle università di Bologna o alla Bocconi basta un’autocertificazione per cambiare il proprio nome, mentre qui a Ca’ Foscari chiedono l’attestazione di un percorso psicoterapeutico e anche medico che attesti quindi che si stanno assumendo ormoni» spiega lo studente del Dipartimento di Studi linguistici e culturali comparati. «Mi sono trovato da subito bene a Venezia e ho conosciuto persone che mi hanno aiutato. Sto sollevando una questione che potrebbe aiutare tante altre persone. Perché non prendere come modello Bologna e Milano e semplificare la procedura? Già chi arriva a fare la transizione ha dovuto affrontare tante difficoltà, perché non aiutare la persona a rendere tutto meno invadente?».
Chi chiede di essere chiamato e riconosciuto con il nome dell’identità di genere non riceve bonus, né altri benefit o agevolazioni. Si tratta di un percorso rivolto a ridurre il disagio che già molte persone che decidono di fare la transizione hanno vissuto e vivono di continuo.
«Ci vuole del tempo per compiere la transizione e il fatto che l’ateneo richieda subito la documentazione mette in difficoltà» spiega Oscar. «Ci sono dei tempi per farlo ed è molto invasivo dover dimostrare con le carte che si sta andando da uno psicoterapeuta o si stanno già assumendo ormoni. Posso decidere di farlo, ma prendermi del tempo per iniziare. Ciò non toglie che comunque la mia identità di genere sia quella e che voglia essere chiamato con il nome che la rispecchi».
Ca' Foscari ricorda di essere stata tra le prime università nel 2018 ad attivare la carriera alias, ma anche di aver presente gli eventuali problemi che possono insorgere: «In queste settimane» ha fatto sapere l’ateneo «è in corso, anche con la collaborazione degli stessi studenti, l'analisi della materia proprio nell'ottica di intercettare al meglio le possibili esigenze e semplificare la gestione di questa e di eventuali successive richieste».
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