«Mio marito Galan? Coda per finanziarlo»

VENEZIA. Una pacata e misurata, l’altra esuberante ed agguerrita. Sono state loro, ieri, le due donne protagoniste dell’udienza Mose: una è Elena Mazzacurati figlia del Grande Accusatore Giovanni, ex presidente Cvn; l’altra è Sandra Persegato, moglie del Grande Accusato, l’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan. Entrambe vicine a uomini di potere, sono state sentite come testimoni della difesa. La prima, interrogata sullo stato di salute del padre, ha confermato la ricostruzione della Procura secondo cui l’ingegnere è stato sempre lucido malgrado il grave lutto che lo colpì. «Papà dava molta forza a Carlo», ha detto Elena in aula ricordando la malattia e poi la morte del fratello regista, «Non ha avuto alcun decadimento cognitivo, semmai il contrario. E la sua memoria era buona». La figlia dell’ingegnere ha quindi riferito che la tenuta in Toscana - investimento da 30 milioni per un attività vitivinicola e di produzione di olio - è stata venduta e l’operazione non è più andata in porto.
Sandra Persegato è stata chiamata dalla difesa dell’architetto di villa Rodella Danilo Turato per spiegare che i lavori di ristrutturazione erano stati pagati senza sovrafatturazione (sovrafatturazione servita, secondo l’accusa, a creare fondi neri, ndr). Fin dal suo ingresso in aula - incedere deciso e look total black - è apparso chiaro che la deposizione sarebbe stata spumeggiante. La signora Galan, rispondendo alle domande delle difese e del pm Stefano Ancilotto, ha offerto uno spaccato di vita quotidiana ai tempi d’oro delle feste in villa. Villa Rodella, appunto. Il racconto è iniziato da qui, dall’acquisto dell’edificio. «Stavamo cercando casa da quasi un anno, mio marito la voleva sul Sile, invece abbiamo trovato questa che era vicina a mia madre». Per l’acquisto fu sborsato anche del nero: 200 mila euro secondo Persegato, quattro-cinque volte tanto per l’accusa. I lavori? Ce ne sono stati - tinteggiatura, sanitari, muri in cartongesso - ma nessun esborso da nababbo, ha assicurato la donna. «La casa era già restaurata, ho cambiato gli infissi, non più di due-tre all’anno però, perché l’impegno economico sarebbe stato troppo elevato». E la stessa signora Galan avrebbe aiutato gli imbianchini, passando mani di colore «per creare un effetto scenico». Alcuni interventi, poi, saltarono del tutto. Come l’ascensore: «Più che altro era un montacarichi. Mia suocera ci rimase chiusa dentro mezz’ora e decisi di chiuderlo». I lavori dovevano essere completati entro il 10 settembre 2006, giorno del cinquantesimo compleanno di Galan: lui voleva una festa in villa e festa grande fu. «Ci andai ad abitare l’8 dicembre 2006, nel frattempo ero rimasta incinta e dovevo restare a letto. Il 13 giugno 2007 nostra figlia fu battezzata nella chiesa della villa». Il restauro, ha assicurato, fu regolamentato da due contratti e pagato con bonifici attraverso il commercialista Paolo Venuti. E alla domanda se l’ad della Mantovani Piergiorgio Baita avesse aiutato a sostenere i costi del restauro, la risposta è stata piccata: «Non abbiamo avuto bisogno di chiedere aiuto a nessuno, mio marito guadagnava». Quindi l’attacco a Baita: «Un imprenditore come altri, mai avuto un gran rapporto con lui. Nel 2005 ho mandato via Claudia Minutillo, l’ho letteralmente buttata fuori dalla porta perché è una persona scorretta. E le persone che avevano a che fare con lei, come appunto Baita, non erano gradite in casa». La replica alla domanda del pm Ancilotto, se l’ex ad Mantovani avesse sostenuto la campagna elettorale del marito: «C’era la fila di imprenditori per finanziarlo. Mio marito ha fatto cose importanti per il Paese». William Colombelli? «L’ho visto un paio di volte, portava grandi cesti di cioccolato da San Marino a chi lavorava per la campagna elettorale». Pierluigi Alessandri, l’ex titolare della Sacaim, che raccontò ai pm di aver pagato a Galan una tangente di 115 mila euro? «Ci si vedeva con la figlia Domizia, nuora di Mauro Bonsembiante, non con lui. Se ha portato buste? Mai viste».
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